Donatella Bisutti testi tratti da Rosa alchemica (Crocetti, 2011, 150 € 14) con un Commento impolitico di Giorgio Linguaglossa: “Torniamo a parlare con la luna”

 

Giorgio Linguaglossa

 

Donatella Bisutti è nata e vive a Milano. È giornalista professionista. Ha collaborato in particolare alla collana I grandi di tutti i tempi (Mondadori) con volumi su Hoghart Dickens e De Foe e ha tenuto per otto anni una rubrica di poesia sulla rivista Millelibri (Giorgio Mondadori editore). Nel 1984 ha vinto il Premio internazionale Eugenio Montale per l’inedito con il volume Inganno Ottico (Società di poesia Guanda,1985). Nel 1990 è stata presidente della Association Européenne pour la Diffusion de la Poésie a Bruxelles. Di poesia ha poi pubblicato Penetrali (ed.Boetti & C 1989), Violenza (Dialogolibri, 1999), La notte nel suo chiuso sangue (ed. bilingue, Editions Unes, Draguignan, 2000), La vibrazione delle cose (ed. bilingue, SIAL, Madrid, 2002), Piccolo bestiario fantastico,(viennepierre edizioni , Milano 2002), Colui che viene (Interlinea, Novara 2005, con prefazione di Mario Luzi). È in via di pubblicazione a New York l’antologia bilingue The Game tradotta da Emanuel di Pasquale e Adeodato Piazza Nicolai (Gradiva Publications, New York). La sua guida alla poesia per i ragazzi L’Albero delle parole, è stata costantemente ripubblicata e ampliata dal 1979 e attualmente edita nella collana Feltrinelli Kids (2002). Il saggio La Poesia salva la vita pubblicato nei Saggi Mondadori nel 1992 è negli Oscar Mondadori dal 1998. Nel 1997 ha pubblicato presso Bompiani il romanzo Voglio avere gli occhi azzurri. Fra le traduzioni il volume La memoria e la mano di Edmond Jabès (Lo Specchio Mondadori 1992), La caduta dei tempi di Bernard Noel (Guanda 1997) e Estratti del corpo sempre di Bernard Noel (Lo Specchio Mondadori 2001).Il suo testo poetico “L’Amor Rosa” è stato rappresentato come balletto al Festival di Asti con musica del compositore Marlaena Kessick. Ha curato per Scheiwiller l’edizione postuma delle poesie di Fernanda Romagnoli, dal titolo Il Tredicesimo invitato e altre poesie (2003). È nel comitato di redazione della rivista «Poesia» di Crocetti per cui cura la rubrica «Poesia Italiana nel Mondo», nella redazione delle riviste «Smerilliana» e «Electron Libre» (Rabat, Marocco), tiene una rubrica di attualità civile, «Il vaso di Pandora», sulla rivista «Odissea» e una rubrica di interviste «La cultura e il mondo di oggi» sulla rivista di Renato Zero «Icaro». Collabora a diversi giornali e riviste, tra cui l’Avvenire, Letture e Studi Cattolici, Fonopoli, Leggendaria, La Clessidra, Semicerchio. È membro dell’Associazione Culturale Les Fioretti a Saorge in Francia. Tiene corsi di scrittura creativa per adulti, corsi di aggiornamento per insegnanti anche a livello universitario e laboratori di poesia per le scuole. Ha ideato e dirige la collana di poesia autografata “A mano libera” per le edizioni Archivi del ‘900 in cui sono apparsi finora testi di Luzi , Spaziani e Adonis. È tra i soci fondatori di “Milanocosa”.


Giorgio Linguaglossa Giorgio Linguaglossa

 

Commento impolitico di Giorgio Linguaglossa: Torniamo a parlare con la luna

 

 Parafrasando Nietzsche si può dire che «la Poesia è una specie di errore senza il quale una determinata specie di esseri viventi può vivere benissimo».

 

 Del libro di Donatella Bisutti ho scelto le poesie che parlano con la luna. Qualcuno ha sostenuto che «parlare con la luna» è oggi un atto ingenuo e sproblematizzante, io invece ritengo vero il contrario: «tornare a parlare con la luna» è un atto di indipendenza intellettuale e di contro conformismo. Si badi, non dico anti conformismo, dico un’altra cosa. La poesia irta di «oggetti» del quotidiano e del privato mostra tutti i suoi punti deboli, non si sa neanche più che cosa siano il «privato» e il «quotidiano». Dove si trovano gli oggetti? E quali oggetti?. Si danno oggetti se c’è una cornice iconico-simbolica e all’interno di una procedura e di un orizzonte iconico-simbolico. C’è una gerarchia degli oggetti come qualcuno vorrebbe farci credere? O sono tutti eguali? La problematizzazione che una certa cultura ha indotto, che cioè fosse fatuità scrivere poesie sulla luna, non ci convince più, è stata una pessima sproblematizzazione, una prescrizione che ha investito la poesia che è stata colpita dal tabù della nominazione. La «luna» era innominabile, e così via. Una cultura che istituisce tabù è una cultura della morte, che si avvia all’isterilimento. Quando la sproblematizzazione investe non solo il soggetto ma anche e soprattutto l’oggetto, prescrivendo tabù e divieti, ciò determina un duplice impasse narratologico, con la conseguenza della recessione di interi temi nell’indicibile in poesia e di interi generi a kitsch.

 

Mai forse come nel nostro tempo la «dicibilità» di alcuni temi della poesia come genere è precipitata nell’indicibile: una grande parte dell’esperienza significativa della vita di tutti i giorni è oggi preclusa alla poesia, per aderire al genere romanzesco della narratività: il romanzo, il diario, la biografia, la biografia romanzata, il diario romanzato…

 

Direi che l’ordinamento della cultura con il suo semplice prescrivere il dicibile, bandisce tutto ciò che non è immediatamente dicibile nei termini della sua sintassi e del suo lessico. L’indicibile diventa ciò che non è più tematizzabile secondo un certo cliché culturale. Ecco spiegata la ragione del trionfo del minimalismo artistico che fa le fiche al minimalismo mediatico come cannibalismo e duplicato della comunicazione.


Giorgio Linguaglossa

 

Com’è risaputo, oggi i poeti non scrivono quasi più poesie sulla luna, si dà per scontato che si debbano scrivere poesie irte di «quotidiano», di «privato», di «oggetti domestici». Si afferma che essi sono i veicoli delle esperienze significative. Io penso invece che questo approccio si limita a comunicare il comunicabile, e in tal guisa non fa altro che duplicare la tautologia. C’è oggi un’oggettiva difficoltà ad affrontare, in poesia, la problematica di un’«esperienza significativa». Qualcuno si chiederà: «Che cos’è una esperienza significativa?». In realtà, si tratta di un oggetto poco rischiarato dalla riflessione filosofica. «Si possono scrivere poesie sulla luna?»; Si possono scrivere poesie che mandano segnali di fumo su Marte?; dove sono le poesie che parlano con la Luna?, o che mandano segnali  su Marte?

 

Conseguenza inevitabile dell’impasse in cui è caduta la poesia contemporanea è che si parla innanzitutto molto più del «soggetto», dei suoi ruoli e del suo luogo, che dell’«oggetto», perché il «soggetto» ha cessato di funzionare come principio, o come principio regolatore, ma si è diffuso ovunque, è diventato un «soggetto diffuso», egolalico, ipertrofico. Per contro, si parla molto meno dell’oggetto che del soggetto, così che il discorso poetico si dissolve in una miriade di appercezioni soggettive, in una fenomenologia delle percezioni soggettive.

 

Grandissima parte della migliore poesia contemporanea assume senza battere ciglio il logos sproblematizzato della «soggettività», e finisce nella reificazione delle forme espressive.

 

La poesia dell’«esperienza» ha bisogno di un universo simbolico entro il quale prendere dimora e di un rapporto di inferenza tra il piano simbolico e l’iconico; in mancanza di questi presupposti la poesia dell’io cessa di esperire alcunché e diventa qualcosa di autocentrico ed egolalico, la carnevalizzazione di se stesso, esternazione del dicibile sul piano del dicibile: ovvero, tautologia.

 

Se l’orientamento della poesia verso un orizzonte iconico-simbolico manca, manca la poesia il proprio bersaglio. Non v’è orientazione semantica senza orientazione verso un mondo iconico. Così la poesia si limita ad esprimere il senso che può, al di qua di ciò che intende e al di là di ciò che attinge. Il compito che oggi arride alla poesia è appunto ricostruire una relazione iconico-simbolica, dare il foglio di congedo permanente  alla procedura di relazionare il significato al significante.

 

In un mondo in cui le relazioni umane sono diventati un problema tra gli esseri ridotti a vasi incomunicanti di un messaggio assente, resta il problema di come tornare a fare poesia sulla luna, e con la luna; di come liberare le emozioni dalla cella dell’io che racchiude l’inautenticità del quotidiano.

 

Qualcuno potrebbe obiettare che «oggi è possibile soltanto una poesia dell’inautenticità e del falso». Io mi limito a rispondere che la poesia «falsa» la puoi riconoscere dal suo disvalore semantico, dalla fasulla significazione, come una moneta falsa la puoi riconoscere dal suo falso tinnire.

 

Osip Mandel’stam ha scritto che un poeta fa poesia quando «scambia segnali con Marte», e io aggiungerei, perché no, anche con la luna.

 

Giorgio Linguaglossa

cinese drago Si racconta che nei tempi antichi, in Cina, quando arrivava un’eclissi di sole,
si usasse battere i tamburi per cacciar via il dragone che si stava …

 

Donatella Bisutti

 

Divagazioni sulla luna

 

Quel fiore bianco sull’acqua
era già appassito nei sogni


*

Nell’acqua riflessa
una luce al di là.

*

Nel cielo
la luna si fa interrogativo


*


Canzonetta

 

Per te
voglio essere notturna.
Nell’oscurità offrirti
la mia luna.

*

Si provarono in tanti a disegnarla:
uno solo vi riuscì
che lasciò uno spazio bianco
e, intorno, il cielo.

Donatella Bisutti


Giorgio Linguaglossa Giorgio Linguaglossa
Donatella Bisutti

 

 

Penetrali

 

La luna era dietro,
pallida come volto di bambina,
smorta come fiore abbandonato
ad acqua oscura –
Attraverso lo squarcio delle nuvole
in quel punto il cielo può essere colpito.

 

*

 

Poiché solo nel buio appare si dimentica
che la luna è in cielo anche di giorno.

 

*

 

A che tu m’afferri
fra le nuvole – impaurita –
mi dileguo

 

*

 

Dal bianco foro della luna sfugge
la luminosità del cielo.

 

*

 

Eclissi

Se ti frapponi opaco
fra me e la luce
io non sono più nulla

 

*

 

Scia

Sul mare i passi della luna
____________________

in cima al cielo.

 

*

un chiarore
al bordo delle nuvole
il sorriso interiore della notte.

 

*

Gli angeli annuvolano la spiga della luna
e una falce è il contorno del suo viso.


Eternità

 

Tu sarai il coltello che affonda
nei bui interstizi del cielo.
Io sarò la tua notte silenziosa
affinché tu penetri
negli interstizi del silenzio e accenda
un alfabeto di faville

 

Aperto dal coltello il frutto del cocco
gocciola il suo denso latte.


Una stessa luna racchiude falce e frutto,
ma guarda alla docilità del coltello.

Una stessa docilità accomuna
la lingua della mite candela che divora il buio
e la favilla che si affida.
È il cielo che si spoglia per la luna
o è nuda la luna per il cielo?

 

Albero della mia nave
la tua punta squassata infilza il vento.
Nell’oscurità del legno il fuoco sale
fino alla fredda luce quieta delle stelle.

 

Non ricomporrai il filo
delle perle che la notte ha sparso,
a quella sempiterna, a quella chiara
luce ordinando il cosmo.
L’inquieto sciame ogni notte divora
il madido frutto della luna.

 

Sii legna e taglialegna.
Dalla circoncisione del tronco
alto si leva lo sciame delle lettere.
Più vicino – per questo solo più ardente alfabeto
firmamento più effimero
di quello delle stelle.

 

Sola
eternità è la docilità che si consuma.

 

Giorgio Linguaglossa Giorgio Linguaglossa

 


Piccola Apocalisse di neve

 

Il cavaliere di neve porta alto
il calice del liquido splendente
ventaglio fiammeggiante
il vaso della forma originaria.
L’isola dei beati all’orizzonte del giorno.


L’angelo del giorno

 

L’ala dell’angelo ruota all’orizzonte
precipita il mondo in un’infanzia di luce.
Quando la luna matura lenta dall’opale
una falce è il contorno del suo viso.


Due bambini

 

La spiaggia, ma bruttata
da immondizie e ristagni.
In quel padule
giocano due bambini con i ricci sporchi,
due putti barocchi usciti da una loro
nicchia dorata fanno segno
che mi avvicini
e quando li ho raggiunti
con una benda d’alghe puzzolenti


Lo sguardo

 

Il gatto
apparve dal fondo del giardino
leccò un po’ dalla ciotola
poi sedette immobile
lo sguardo dritto fisso
le sue pupille nelle mie pupille
senza ringraziare né chiedere
solo guardare.
ed io fui intera nelle sue pupille
interamente dentro quello sguardo
senza giudizio senza attesa
quietamente fui.
mi ricoprono gli occhi


Selbst

 

La stanza
la voglio monacale:
una precisa
porzione di infinito.
ed io
dentro
a risuonare il vuoto.


Lezione di bicicletta

 

La mia prima bicicletta a due ruote
tu mi tenevi il sellino
davanti al paesaggio d’estate
vuoto
finché perduta la pazienza
ricordo i tuoi
schiaffi sonori sulle guance.

 

Così mi spingesti
verso l’infinito
ho imparato a pedalare per sfuggirti
muovendo i piedi ho incontrato i pedali
non avevo altro modo per sottrarmi
trovando in qualche modo un equilibrio
ho affrontato la vita per paura.