Silvana Palazzo  Poesie scelte da La giusta strada del ritorno (Progetto Cultura, 2016) Commento testuale di Sabino Caronia

Giorgio Linguaglossa

 

Silvana Palazzo, fondatrice e direttrice della rivista Nuova redazione Unical, è autrice di testi saggistici e letterari.  Nel 2003, per i tipi del Centro Editoriale e librario dell’Università della Calabria, ha dato alle stampe il volume Omicidi nel Cosentino 1998-2001. (*) altri lavori saggistici per le Edizioni Periferia di Cosenza quali L’omicidio relazionale (come coautrice), Mente Media Cervello; Grandi Processi, Catastrofi esistenziali (*), La crisi relazionale, Delitti quotidiani. altri lavori Un Centro per la Legalità sull’attività trentennale del Centro di Ricerca e Documentazione sul fenomeno mafioso e criminale dell’Università della Calabria e Un Centro per la legalità Contributi di Redazione (redazione Unical). Da segnalare altresì E adesso leggeteci tutti (Serra), Ribellismi (Falco ed.), Eros e Thanatos Delitti di relazione (pref. Giorgio Linguaglossa) (CJC), Cara Prof Diari di classe (pref. Giuseppe Greco, CJC). Per l’attività letterario-poetica: Relazione di Psiche (pref. Francesco Leonetti, Periferia), Insomnia a Barcelona (Le Nuvole, in Italiano e spagnolo), Il meme è un seme (pref. Gennaro Mercogliano, CJC), Il silenzio, audiolibro (id.), Francesco Leonetti. Il ritorno in Calabria (id.), Le stagioni della mente (pref. Maurizio Soldini, CJC), Poesie di un’estate (Manni). Ha collaborato per vari editori a varie antologie: Il rumore delle parole, L’impoetico mafioso, Seguendo Giangurgolo, Frammenti di-versi, Florilegio, Cronache di Rapa Nui, Enciclopedia degli autori di poesia dell’anno 2000, Comunità nomadi, Bustrofedica, Chorastikà.  www.silvanapalazzo.it; La giusta strada del ritorno (Progetto Cultura, Roma, 2016)

 

 

Giorgio Linguaglossa

 

 

Commento testuale di Sabino Caronia

 

Il motivo del tempo mentale ritorna in questo libro di Silvana Palazzo, dopo il precedente titolato Le stagioni della mente del 2013, come tempo che si incarna nel cammino della parola. René Char ha scritto: «Le parole sanno di noi ciò che noi non sappiamo di loro». Le parole ci guidano, sono esse le nostre signore, e noi siamo alla mercé della loro signoria assoluta. Le parole ci precedono, noi da sempre «siamo in un bagno di linguaggio» scriveva Lacan.

 

 

Le parole sono

cunicoli di

labirinti da

esplorare

dentro i quali

 

perdersi per poi

ritrovare

 

la giusta strada 

del ritorno.

 

Il componimento eponimo di questo volume esprime bene la poetica di Silvana Palazzo. Non a caso la prima sezione è dedicata alla parola che «salverà il mondo o lo ucciderà». la poetessa  si chiede  «nasce prima/ la parola/ o il significato/ ch'essa poi/ assumerà?».

In un mondo in cui non resta che

 

parlare 

all'infinito

senza fermarsi

mai,

Parlare all'infinito

come segreto

per non morire.

 

*

 

Un gioco crudele «in una/ sorta di ping pong/ da cui uscire/ sconfitti/ o vittoriosi». 

Giustamente, il prefatore richiama un brano da Linguaggio e silenzio di George Steiner intitolato «Il silenzio e il poeta» dove è citato il Kafka di Il silenzio delle sirene a proposito di questa poetessa che ben dice di sé: «È il silenzio// la cosa che più/ m'incanta».

La poesia di Silvana Palazzo è un inventario («faccio l'inventario/ come una azienda/ pronta a chiudere/ col passato»), è La ferita del possibile che si oppone al pragmatismo della realtà.

 

la ferita

sanguina non

la posso rimarginare

trattengo con

le mani il

sangue

 

rosso come fuoco

zampillo infernale.

 

È una fede religiosa, una religione laica, che richiama il Goethe di Vermachtnis, la sua ultima poesia, il suo testamento spirituale («Nessun essere può risolversi in nulla... l'essere è eterno»).

 

È il sentire la vita che scorre che

m'induce

 

a pensare che tutto ciò che

sento

 

non può

 

così in un attimo finire.

 

Una poesia, dunque, che vuole proporre o suggerire una moderna via del ritorno che si conclude significativamente con versi pieni di misurata speranza.

 

Il ritorno come

recupero

 

di ciò che si è abbandonato. Il

ritorno come delusione di ciò

 

che non si è trovato.

 

Giorgio Linguaglossa

 

 

 da Prefazione di Giorgio Linguaglossa

Già negli anni Sessanta un grande critico, George Steiner, scriveva:«Parliamo davvero troppo, con troppa facilità, rendendo comune ciò che è personale, fissando nei luoghi comuni di una falsa certezza ciò che era provvisorio, personale, e quindi vivo sul lato in ombra del discorso. Viviamo in una

cultura che è, sempre di più, una galleria del vento di pettegolezzi; pettegolezzi che dalla teologia e dalla politica giungono a una diffusione senza precedenti di fatti privati (il procedimento psicanalitico è la nobile retorica del pettegolezzo).

Questo mondo non finirà né con uno scoppio né con un piagnucolio, ma con una testata, uno slogan, un romanzetto d’appendice... In quanto di ciò che adesso trova espressione le parole diventano parola - e dov’è il silenzio necessario se dobbiamo udire quella metamorfosi? [...] È meglio per il poeta tagliarsi la lingua piuttosto che esaltare il disumano con il suo talento o la sua noncuranza».

 

Ha scritto Kafka nelle sue Parabole: «adesso le sirene hanno un’arma ancor più fatale del proprio canto, cioè il silenzio.

È anche se è vero che una cosa simile non è mai accaduta, è tuttavia concepibile che qualcuno forse abbia potuto sfuggire ai loro canti; ma certo nessuno è mai sfuggito al loro silenzio».

Il problema dell’inflazione delle parole è uno dei più acuti problemi della poesia contemporanea, se non il più acuto.

Qualche anno fa un poeta romano, Luigi Manzi, aveva lanciato l’idea di una moratoria di almeno dieci anni da parte dei poeti a pubblicare libri di poesia. In pratica, uno sciopero dei poeti. Naturalmente, la proposta cadde subito del dimenticatoio. Oggi si pubblica di tutto e troppo, si scrive in tutti i modi,

parafrasando tutti gli stili, riscrivendo libri già scritti. Si chiama restyling, i più accorti lo chiamano vintage, i meno intelligenti lo chiamano new realism, i più colti post-realism.

Il fatto è che le parole, questi guardiani del senso, non sono immortali, non sono invulnerabili. Colpite nei punti vitali, soffrono e muoiono e diventano inservibili; e quando una civiltà ha fatto il pieno di parole morte, ecco che la fine si avvicina.

È per questo forse che i poeti contemporanei sono assediati dalle parole morte, dalle parole usurate. Le parole sono diventate vacue di senso e, se non ci sono più parole, non ci sono più forme, il mondo diventa illeggibile e irrappresentabile.

 

Scrive Silvana Palazzo che «le parole / Sono cunicoli / Di labirinti / Da esplorare», e il poeta è diventato un minatore di parole, costretto ad andare in sempre maggiori profondità nella miniera delle parole ormai esausta. È una discesa agli inferi questa delle parole morte. Silvana Palazzo non ha scampo, non ha vie di uscita, non può che proseguire con la lanterna del minatore e la piccozza, nello scavo interno della miniera morta. Il poeta è costretto ad avanzare a tentoni nel buio delle parole morte. E si chiede: « Nasce prima / La parola / o il significato / Ch’essa poi / assumerà», come se la domanda non fosse anch’essa retorica, non suonasse vuota di senso. In questa corsa a perdifiato verso le parole morte non resta altro da fare che proseguire la corsa: « Parlare / all’infinito / Senza fermarsi / Mai. / Parlare all’infinito», in un continuum che ha dell’assurdo, del folle «Come segreto / Per non morire». Un gioco crudele e insensato: « In una sorta / Di ping pong / Da cui uscire / Sconfitti / o vittoriosi».

In questo essenziale libro di nuove liriche, Silvana Palazzo ci racconta la sua personale esperienza di questa morte del linguaggio, del fallimento della parola dinanzi alla disumanizzazione del mondo e dell’arte, dell’oltraggio che colpisce anche le parole che vorrebbero significare, delle parole amputate

e doloranti che sconfinano nel silenzio, ma non il silenzio mistico, ascetico, ma un silenzio frutto avvelenato di una irrimediabile perdita di cui il poeta è costretto a far dono.

 

1] George Steiner Linguaggio e silenzio trad. it. 1972 rizzoli, p. 73

Giorgio Linguaglossa

Giorgio Linguaglossa

 

Da La giusta strada del ritorno. 


Prima sezione: Una parola salverà il mondo o lo ucciderà

 

Ogni parola

 

ogni parola

ha un contenuto

che può toccare

l’anima

nel fondo

oppure scivolare

senza scalfire,

caderti addosso

senza rumore.

 

*

 

Sono scolpite

come in una

roccia

le parole

alta quanto

una montagna

da cui

attingere

verbi, avverbi

nomi

per comporre

il ritmo sonoro

di danze

d’autore.

 

*

 

Ti regalo

i miei pensieri

che privi

del supporto

delle parole

non sanno

da che parte

andare.

La bocca

resta chiusa,

pare aver

scordato

come fare.

 

*

 

La vita

delle parole

messe insieme

sonanti

significanti

per tutti

in assoluto

come specchi

d’acqua

nei quali

riflettere

la tua immagine

e l’altro

ch’è in te.

 

*

 

Nasce prima

la parola

o il significato

ch’essa poi

assumerà?

 

 

Il suono delle parole

 

Il suono delle parole

ti lancia

sempre un pensiero

che sia rosa o

nero

poco importa

purché sia vero.

Col suono delle

parole che

alcuni chiamano

rumore

puoi costruire

quel mondo

che vorresti e che

non puoi

avere.

 

*

 

Parlare

all’infinito

senza fermarsi

mai.

Parlare all’infinito

come segreto

per non morire.

 

*

 

Il segreto

delle parole

è racchiuso

in ciò che

vogliamo dire.

affascinano

come tutti

i segreti

le parole

perché sono

stampelle

su cui il pensiero

si può poggiare.

 

*

 

ogni parola

ha un suo

colore.

Il rosso di gioia

sembra

scoppiare

mentre

il giallo

splende luminoso

come

il sole.

Blu è il buio

della notte

che diversamente

non si potrebbe

definire

nero ti fa sempre

ricordare

dove tu non

vorresti

mai andare.

 

*

 

Le parole

sono umane

i rumori

appartengono

al bosco

ed al mondo

animale

che esprimono

così

la loro appartenenza

al pianeta

terra.

 

Giorgio Linguaglossa

 

 

L’esistenza

di ogni essere

umano

nasce con

un vagito

che è un rumore

attraverso cui

capire cosa

un neonato

voglia comunicare.

*

I rumori

diventano

parole

quando

la combinazione

dei suoni

produce

un significato.

 

*

 

Una parola

salverà il mondo

o lo ucciderà.

 

*

 

Ci si nasconde

attraverso

le parole

innocenti strumenti

che aiutano

a mentire.

 

*

 

a volte

le parole

hanno la capacità

di andare oltre

ciò che s’intendeva

dire

chi tradisce

non è la parola

ma chi la pronuncia

che la usa

a suo piacimento

pur sapendo

di mentire.

 

*

 

Le parole

sono fiori

che si offrono

a chi li vuole

accettare.

Un sì

può ridarti

la vita

un no

dirti che qualcosa

è finita.

 

*

*

 

Parla tu

che parlo

anch’io

in una sorta

di ping pong

da cui uscire

sconfitti

o vittoriosi

con l’uso

di una parola

come pallina.

 

*

 

anche la felicità mi dà dolore

la paura di perderla

è così greve

da non farmi godere

del suo sentire.

So che se scriverò

non mi farà

più male

è un acuto dolore

che giorno dopo giorno

si fa sentire

è la fine d’ogni speranza

che angoscia

si fa chiamare.

È acqua che defluisce piano

e scorre dentro

senza alcun rumore

liquido che mi pervade

e che non ha sapore

eppure riempie pancia e testa

di un sordido dolore.

Eppure ieri sera ridevo

piano ma ridevo

mostrando i denti

che difesa è

come lo scimpanzé

che ride non per gli altri

ma per sé.

ridere e piangere

sempre emozione è

si ride per non piangere

ma non si piange mai

per non ridere...

aspetto che cosa non so

forse che il tempo

mi prenda per mano

per andare con lui lontano

nascosti dentro una nuvola

nel cielo sereno.

 

*

 

Seconda sezione: La giusta strada del ritorno

 

Gli oggetti però

sanno parlare

e rivelarti

a che epoca

possano

appartenere il

corpo poi

non sa mentire è

il tempo

a portare via

con sé

le cose.

 

*

 

Il tempo

 

non ha tempo

vorrei fermarlo

 

ma non si può lui

avanza

 

al di fuori della

nostra volontà

 

i calendari ci

aiutano

 

a catalogarlo

ma nemmeno

se ti sforzi

 

riesci

ad afferrarlo.

 

*

 

Ho imparato

a rispettare

sempre

i pericoli.

 

*

 

Sono le emozioni

che ti tengono

in pugno.

 

*

 

Il tempo e

la morte

 

sono amiche

tra loro

 

si intendono

da sempre

miliardi

 

di anni di

 

vita

 

in cui nessuno

è sopravvissuto.

 

*

 

Il gesto è

ormai

 

compiuto il

grilletto è

ormai

premuto

 

il proiettile

lo vedo che

va nella sua

traiettoria e

anche se lo

volessi

 

non lo potrei

fermare.

 

*

 

La ferita

sanguina non

la posso

rimarginare

trattengo con

le mani il

sangue

rosso come fuoco

zampillo infernale.

 

*

La testa

mozzata

rotola

sull’asfalto

 

bagnato gli

occhi ancora

vivi guardano

il corpo caldo

 

e ancora

vibrante

di vita.