Yeats and Eliot
Sailing to Bysantium (Navigando verso Bisanzio)
I.
That is no country for old men.
The young in one another’s arms, birds in the trees –
Those dying generations – at their song,
The salmon-falls, the mackerel-crowded seas,
Fish, flesh, or fowl, commend all summer long
Whatever is begotten, born, and dies.
Caught in that sensual music all neglect
Monuments of unageing intellect.
I.
Quello non è un paese per vecchi.
I giovani l’uno nelle braccia dell’altro, gli uccelli sugli alberi –
Quelle generazioni morenti – intenti al loro canto,
Le cascate ricche di salmoni, i mari gremiti di sgombri,
Pesce, carne, o volatili, per tutta l’estate lodano
Tutto ciò che è generato, che nasce, e che muore.
Presi da quella musica sensuale tutti trascurano
I monumenti dell’intelletto che non invecchia.
S.B. Yeats
II.
An aged man is but a paltry thing,
A tattered coat upon a stick, unless
Soul clap its hands and sing, and louder sing
For every tatter in its mortal dress,
Nor is there singing school but studying
Monuments of its own magnificence;
And therefore I have sailed the seas and come
To the holy city of Byzantium.
II.
Un uomo anziano non è che una cosa miserabile,
Una giacca stracciata su un bastone, a meno che
L’anima non batta le mani e canti, e canti più forte
Per ogni strappo nel suo abito mortale,
Non v’è altra scuola di canto se non lo studio
Dei monumenti della sua magnificenza
E per questo ho messo vela sui mari e sono giunto
Alla sacra città di Bisanzio.
III.
O sages standing in God’s holy fire
As in the gold mosaic of a wall,
Come from the holy fire, perne in a gyre,
And be the singing-masters of my soul.
Consume my heart away; sick with desire
And fastened to a dying animal
It knows not what it is; and gather me
Into the artifice of eternity.
III.
O saggi che state nel fuoco sacro di Dio
Scendete dal sacro fuoco, scendete in spirale,
Come nel mosaico d’oro d’una parete,
E siate i maestri di canto della mia anima,
Consumate tutto il mio cuore; malato di desiderio
E legato ad un animale mortale,
Non sa quello che è; e accoglietemi
Nell’artificio dell’eternità.
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IV.
Once out of nature I shall never take
My bodily form from any natural thing,
But such a form as Grecian goldsmiths make
Of hammered gold and gold enamelling
To keep a drowsy Emperor awake;
Or set upon a golden bough to sing
To lords and ladies of Byzantium
Of what is past, or passing, or to come.
IV.
Una volta fuori dalla natura non prenderò mai più
La mia forma corporea da una qualsiasi cosa naturale,
Ma una forma quale creano gli orefici greci
Di oro battuto e di foglia d’oro
Per tener desto un Imperatore sonnolento;
Oppure posato su un ramo dorato a cantare
Ai signori e alle dame di Bisanzio
Di ciò che è passato, che passa, o che sarà.
La poesia, Sailing to Byzantium, di William Butler Yeats si può leggere attraverso più lenti analitiche. Nel quinto capitolo del suo libro, Testi e contesti, Steven Lynn discute due approcci critici alla lettura del poema, il critico presenta una panoramica dell’approccio decostruzionista di Lawrence Lipking con il nuovo approccio critico di Cleanth Brooks.
Lynn rileva che, Cleanth Brooks basando alcune sue intuizioni, almeno in parte, sull’approccio strutturalista di Ferdinand de Saussure, il testo offre, passo dopo passo, dei contrasti binari. Brooks osserva che Yeats in ogni contrasto favorisce il secondo elemento rispetto al primo. Brooks elenca, ad esempio, natura ed artificio, “quello” (in riferimento a una “realtà” non definita) contro la mitica Bisanzio, l’invecchiamento contro il senza tempo, il sensuale contro l’intellettuale, e l’essere contro il divenire. Questi contrasti creano confusione presso i lettori i quali sono spinti a risolvere il problema attraverso l’analisi della poesia.
All’elenco di contrasti Per Brooks, si potrebbero aggiungere i “giovani contro la vecchiaia” e “la morte contro la vita eterna”. Yeats introduce il concetto di “giovani contro la vecchiaia” nella strofa in cui parla di “The young in one another’s arms”, quindi compensa questo passaggio con “Birds in the trees/ – Those dying generations – at their song.” Il vecchio “dying generations” (le generazioni morenti), passaggio presentato come gli uccelli che sembrano essere guardati dal giovane, nonostante il fatto che gli anziani moriranno prima.
W.B.Yeats ritratto
Per quanto riguarda il contrasto, “morte contro la vita eterna”, la quarta strofa della poesia discute cosa accadrà una volta che il parlante è “fuori della natura.” Dal momento che l’uomo è parte della natura, quella frase “fuori della natura” suggerisce ‘fuori della vita’ o ‘morto’. Se non si è più parte della vita, o si è morti o si è in un piano spirituale più elevato (il cielo, per così dire). Il parlante dice anche che la sua forma fisica non sarà quello di una forma naturale. Lipking prende questa frase per indicare la forma di qualcosa che si trova in natura, ma potrebbe anche significare una creatura vivente in contrapposizione a qualcosa di soprannaturale o ultraterreno. L’interpretazione della stanza sembrerebbe favorire l’interpretazione ultraterrena in quanto, sebbene il parlante dichiara di assumere la forma di un uccello, non si tratta di un uccello naturale con ossa, sangue e piume ma di un uccello soprannaturale “di oro battuto e oro smalto”, che intrattiene immortali relazioni con un tribunale eterno. Invece di accettare la morte Yeats opta per l’eterna, anche se artificiale, vita di Bisanzio.
W.B. Yeats
Bisanzio nella visione di Yeats era una «città sacra» in quanto capitale della cristianità d’Oriente. Per Yeats nella civiltà bizantina si era realizzata la discesa del sovrannaturale verso l’uomo, mentre l’altra civiltà, quella del Rinascimento, aveva realizzato l’ascesa dell’uomo verso il soprannaturale. Scrive il poeta irlandese: «Se mi fosse concesso di vivere un mese nell’Antichità e la facoltà di trascorrerlo dove preferisco, credo che vorrei passarlo a Bisanzio, un po’ prima che Giustiniano aprisse S. Sofia (nel 537 d.C.) e chiudesse l’Accademia Platonica. Credo che potrei trovare in una qualche osteria un mosaicista ‘filosofo’ che saprebbe rispondere a tutte le mie domande, poiché il sovrannaturale discende più vicino a lui che allo stesso Plotino (…) Credo che agli inizi della civiltà bizantina, forse mai prima di allora né dopo nella storia di cui si ha memoria, la vita religiosa, estetica e pratica erano tutt’uno, e che l’architetto e l’artefice (…) si rivolgevano parimenti alla massa e ai pochi. Il pittore, il mosaicista, coloro che lavoravano l’oro e l’argento, il miniaturista di libri sacri erano quasi impersonali (…), tutti presi dal loro soggetto che era la visione di un intero popolo».
Once out of nature I shall never take
My bodily form from any natural thing
Brooks ritiene che la parola “artifizio”, «artifice of eternity» e i concetti correlati che suggeriscono l’artificio omogeneizzino stilisticamente l’opera. Ad esempio, nella prima strofa gli anziani sono paragonati agli uccelli che vivono sugli alberi; altrove, a Bisanzio, gli anziani sono diventati uccelli d’oro e rami d’oro, Yeats non canta “tutto ciò che è generato, è nato, e muore” ai giovani amanti in preda della passione, ma “di ciò che è passato, che passa, o che sarà” per signori e signore ultraterreni. Per Yeats «la natura è l’arte di Dio». Al contrario, nella poesia di Yeats, l’eternità, che si può rendere visibile soltanto attraverso l’arte, è considerata come l’artificio dell’uomo». L’«artifice of eternity» trova il suo fondamento in antitesi con l’artificio della natura opera di Dio. Nel suo paradiso fantastico l’artificio dell’arte è visto come preferibile alla vecchiaia nella vita reale.
Brooks fa notare l’ironia nella parte in cui il poeta che parla deve lasciare il mondo vivente, che è sempre in evoluzione e ‘in divenire’ per assumere un senza tempo, l’immutabile, l’esistenza soprannaturale prima di poter contemplare (cantare) il passato, il presente e, soprattutto, il futuro del mondo vivente.
La lettura decostruzionista di Lipking di "Sailing to Byzantium non riesce a trovare una unità della poesia. Il critico ritiene che i versi e le strofe spesso o si contraddicono a vicenda o semplicemente non hanno alcun senso unitario. Come Brooks, Lipking osserva i modelli di opposti nella poesia di Yeats, obietta che il lettore può trovare un modo per risolvere la confusione creata dai contrasti oppositivi. Anche se Lipking cerca di trovare una logica nei contrasti di Yeats, essi lo lasciano con domande senza risposte. Come quando il poeta dice che “I shall never/Take my bodily form from any natural thing”, ma assume l’aspetto di un uccello, una creatura naturale. Anche la parola “Che” (That) all’inizio del poema genera fastidio in Lipking perché non c’è un vero modo per sapere con che cosa quel “Che” (That) sia in riferimento.
Lipking trova che, in alcuni casi, la moltitudine di significati di un passaggio potrebbe avere contribuito a confondere piuttosto che chiarire il messaggio della poesia. I versi “and louder sing/ For every tatter in its mortal dress” può avere due significati diversi, entrambi ugualmente validi; Pertanto, il vero significato del passaggio è sfuggente. Il verso “artificio dell’eternità” cattura l’attenzione di Lipking proprio come è avvenuto per Brooks. Lipking ritiene che “l’artificio dell’eternità” potrebbe anche avere un significato duale, uno che suggerisce la permanenza, l’altro l’illusione. Dal momento che entrambi i concetti sono, come mostra il passaggio precedente, ugualmente validi, i lettori non possono avere alcuna idea circa il vero significato di quei versi.
I due critici mostrano come il significato di una poesia può cambiare a secondo di come i lettori si avvicinano al testo. Lipking ritiene che i contrasti di fondo nel poema ad un attento esame, rivelino una inconciliabile mancanza di logica interna, mentre Brooks trova unità nella ironia del poeta nel lasciare fluttuare la sua imagery. Entrambi i critici sono convincenti, ma la lettura di Brooks appare più convincente, soprattutto laddove rimarca il passaggio sugli uccelli reali che cantano tra gli alberi in una strofa che è in contrasto con il canto degli uccelli d’oro nel’albero d’oro in un altro luogo del poemetto. Particolare opposizione binaria che invece lega insieme la poesia e fa compiere ai lettori un circolo ermeneutico completo.