Giuseppe Talia, Lettera aperta a Corrado Augias. Gentilissimo Corrado Augias, Le scrivo riguardo alla trasmissione di Quante Storie su Rai3, andata in onda giorno 11 maggio 2018, dal titolo “Servono ancora i poeti?”.

Giorgio LinguaglossaGiorgio Linguaglossa
Giorgio Linguaglossa

 

Video relativi a youtube corrado augias Valerio Magrelli franco marcoaldi - 30:12
https://www.raiplay.it/…/Quante-storie-62e55f25-48a4-4105-bdf6-dc…

 

Come giustamente Lei ha sottolineato in apertura, parlare oggi di poesia, in televisione è un fatto assai raro, come è assai raro sentirne parlare a scuola, se non in particolari e sporadici casi di insegnanti sensibili, nei social media in generale, al bar mentre si fa colazione o si prende un aperitivo. La poesia oggi è relegata in una piccola nicchia di addetti ai lavori. Per contro, sono aumentanti in modo esponenziale, in questi ultimi tre decenni, gli scrittori di poesia. Si scrive poesia così tanto facilmente quanto si cucina. Ovunque è un pullulare di piatti, di scodelle, di condimenti, di ricette, e non solo i TV, quanto di libri di poesia pubblicati annualmente, per la gioia di tante piccole e medie case editrici e dei premiuccoli che registrano un fatturato di tutto rispetto. È cosa nota, Lei, sicuramente, ne è informato.

 

Nella puntata di Quante Storie dell’11 di maggio, ha ospitato due scrittori di poesia tra quelli più noti. Dico scrittori di poesia e non poeti, anzi Poeti, perché personalmente credo che in realtà Lei abbia accolto in studio un professore che scrive poesie (Valerio Magrelli) e un giornalista che scrive poesie (Franco Marcoaldi). I veri poeti, anzi “i pochi, troppo pochi poeti”, come notevolmente ha scritto la poeta Annamaria Ferramosca, oggi in Italia siano merce rarissima. Oggi, nelle fila della poesia italiana vi sono molti professori prestati alla poesia (Magrelli, Buffoni, De Angelis, Villalta), giornalisti, e studentelli senza né arte né parte che, per un qualche misterioso allineamento planetario, pubblicano i loro compitini con Mondadori (vedasi Pellegatta).

 

Faccio nomi e cognomi, senza remore, perché anni di studio e anni di critica personale mi hanno portato ad avere un mio pieno e indipendente giudizio della cosa chiamata poesia.
Tra i due scrittori di poesia ospiti della sua trasmissione, sicuramente Magrelli è quello che a mio giudizio possiede le più alte qualità di scrittura poetica, anche se, sempre a mio giudizio, la sua scrittura, dopo l’exploit di Ora serrata retinae(1980) e ancora di Nature e venature (1987), si sia assestata sui mottetti di spirito, sullo stile frastico e ritmico dell’epigonismo novecentesco, sul quotidiano insignificante, degno di quella rivoluzione perdente e catastrofica che Montale ha inaugurato con Satura nel 1971. Con Satura di Montale e con Trasumanar e organizzar di Pasolini, la poesia italiana ha smesso definitivamente di avere importanza nel mondo, inaugurando un declino sempre più profondo. Montale, però, ha ricevuto il Nobel nel 1975. Riguardo al nobil premio, c’è sicuramente da dire che i veri poeti, quei pochi poeti di cui dice Annamaria Ferramosca, solitamente non lo vincono.

Ad ogni modo, sono significative le risposte dei due scrittori di poesia ospiti in trasmissione alla Sua domanda: “Voi poeti a che servite?” Una domanda da far tremare i polsi, certo, e come hanno risposto il professore e il giornalista? Volare alto, dice Marcoaldi, avendo la patente cedutagli dal padre pilota (barone in questo caso?); per Magrelli, a modo di Zanzotto, la poesia corrisponde ai pixel della televisione, visione di accelerazione, come nel caso della fisica delle particelle, ma, da fine intellettuale qual è, subito dopo cita il formalista russo Šklovskij, il quale afferma che la poesia è una parola frenata. Non vi è alcun dubbio, entrambi gli scrittori di poesia non hanno una loro propria visione e/o definizione di poesia, ma citano, adottando di volta in volta quella più consona, presentandone al pubblico una tascabile, certificata.

 

“Cresce tutt’i dì più meravigliosa (Carducci).

 

Rimane il fatto che alla domanda che Lei ha posto, domanda assoluta, nessuno dei due scrittori di poesia abbia dato una convincente e personale risposta.

 

Significativo, inoltre, che Magrelli abbia confessato pubblicamente che la vera poesia appartenga a poeti quali Paul Celan, suicida, D’Annunzio che sperimentava le droghe, Trakl incestuoso, Sandro Penna o alla Rosselli, sempre suicida. E ci sarebbe a questo punto da chiedere a Magrelli: – perché Lei scrive ancora poesie? Perché scrive ancora poesie da professorino, tenendo a mente che lei non si suiciderà mai, che le uniche droghe, forse, che nella sua vita ha provato o proverà (interessante e inedito il contrario) sono e saranno l’acqua gassata, naturale o con additivi?
Per scrivere opere come Le ceneri di Gramsci o Poesia in forma di rosa di Pasolini, si dovrebbe passare per le sette porte dell’inferno. E mi si perdoni la battuta, i capelli e la pigmentazione della pelle di Magrelli lo collocano naturalmente in un potenziale inferno, ma non basta, non basta, no!
E la parte più interessante di tutta la trasmissione è stata quando i due scrittori di poesia hanno letto i loro testi. Ora, conoscendo e ammirando la Sua, caro Augias (caro come licenza), cultura, io credo che abbia smascherato i due scrittori quando ha suggerito a Marcoaldi di leggere la poesia di pagina 7 del libro Tutto Qui (tutto qui cosa?), Einaudi. Il Marcoaldi, ingenuo giornalista e scrittore di poesia, con la sua bella citazione del bosco e di dio, sempre secondo Spinoza, come Lei ha sottilmente esplicitato, oppure Freud con il test della foresta, aggiungiamo noi, oppure Magritte in pittura, o ancora e meglio la fiaba di Cappuccetto Rosso, fiaba di maturazione, il Marcoaldi con una punta di ingenuità ci è cascato. E di questo le siamo grati, caro Augias.

 

Molto meglio Magrelli che subodorato la trappola della lirica di maggio, da Lei incalzato a leggere, con la citazione esplicita di Stendhal e con Leopardi alle porte, da buon professore di poesia, ha sviato sul mese di luglio, poema della diversità pigmentosa sull’abbronzatura. E mi chiedo, anzi ci chiediamo, da lettori diciamo specialisti di poesia, perché mai dovremmo comprare il Sangue Amaro del Magrelli, per leggere della sua difficoltà con l’abbronzatura? A Magrelli consigliamo una protezione con filtro UVA 50 e oltre: il sole si sa non è più quello di una volta. Non è più il sole novecentesco, ma il sole del nuovo millennio.

 

Poesie di Franco Marcoaldi

 

 

Giorgio Linguaglossa

 

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Poesie di Valerio Magrelli da Sangue amaro

 

 

 

 

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Valerio Magrelli

 

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Giuseppe Talia, Retro dal retro di copertina di La Musa Last Minute

 

Ha scritto Giuseppe Talia: «un pomeriggio del 1992 ho acceso una miccia ed ho fatto esplodere il Logos nelle Vocali Vissute»; e le vocali sono esplose in una congestione di significanti e di significati disconnessi. Le parole sconnesse sono andate alla ricerca di un nuovo luogo da abitare, di una nuova patria delle parole. Una «nuova poesia» richiede sempre una nuova metafisica, una nuova patria delle parole nella quale le parole possano albergare. E questo cos’è se non pensare nei termini di una nuova metafisica? Se non pensare nei termini di una «nuova ontologia estetica»?

 

Una volta preso atto di ciò, un poeta non può che dimorare presso la nuova «patria» delle sue parole. È quello che ha fatto Talia in quest’opera, ha disegnato la cornice della sua nuova patria linguistica, 55 ritratti linguistici per altrettanti poeti italiani di oggi.

 

Giuseppe Talìa (pseudonimo di Giuseppe Panetta) nasce in Calabria, a Ferruzzano (RC), nel 1964. Vive a Firenze e lavora come Tutor supervisore di tirocinio all’Università di Firenze, Dipartimento di Scienze dell’Educazione Primaria. Pubblica le raccolte di poesie, Le Vocali Vissute, Ibiskos Editrice, Empoli, 1999; Thalìa, Lepisma, Roma, 2008; Salumida, Paideia, Firenze, 2010. Presente in diverse antologie e riviste letterarie tra le quali si ricordano, I sentieri del Tempo Ostinato (Dieci poeti italiani in Polonia), Ed. Lepisma, Roma, 2011; Come è Finita la guerra di Troia non ricordo, Edizioni Progetto Cultura, 2016. È in corso di pubblicazione la silloge Thalìa per Xenos Books – Chelsea Editions Collaboration, California, U.S.A., traduzioni di Nehemiah H. Brown.