La Nuova Poesia di Marie Laure Colasson, Francesca Dono, L’evento delle cose è la loro semplice presenza, la magia del loro essere qui, Il benservito alla poesia euforbica ed ergonomica, Riflessioni di Giorgio Linguaglossa, Lucio Mayoor Tosi
Giorgio Linguaglossa
La lezione che ci viene da Mallarmé è che, da quando si è dichiarato che «Dio è morto», il poeta moderno è obbligato a crearsi PRIMA una propria metafisica, e soltanto DOPO può iniziare a scrivere poesia. Ecco la ragione che ci spinge da tempo a delineare il perimetro e i contenuti di una nuova metafisica. Senza metafisica si finisce per creare una poesia acefala, una poesia comunicazionale, una poesia-chiacchiera.
il linguaggio di Celan sorge quando il linguaggio di Heidegger muore, volendo dire che il linguaggio della poesia – della ‘nuova’ poesia – può sorgere soltanto con il morire del linguaggio tradizionale che la filosofia ha fatto suo, o – forse – che si è impadronito della filosofia.
(Vincenzo Vitiello)
Più volte mi è stato chiesto che cosa esattamente intenda quando parlo di «patria metafisica» e di «patria linguistica» con riferimento alla poesia. La domanda è pertinente ma sarebbe sciocco pensare che io possa dare una risposta conclusiva ed esaustiva e che magari possa racchiudere la risposta in una o due paginette. A chi abbia la voglia di andare a leggersi i moltissimi interventi da me fatti su queste colonne, anche riguardanti poeti contemporanei, può trovare dispersi qua e là degli spunti, delle idee…
Qui posso dire soltanto che le parole fondamentali, le Grundwörter, che hanno segnato il cammino del pensiero occidentale, sono quelle che hanno pronunciato i grandi poeti del novecento. La verità si dà soltanto nella forma della costellazione scrisse un giorno Benjamin. Occorre andare a studiare la costellazione delle parole fondamentali di un poeta per accorgersi quanto la costellazione delle parole fondamentali di una poetessa come Maria Rosaria Madonna (1942-2002) sia distante dalle parole di Zanzotto o di un tardo Fortini… Ecco, quelle parole formano un cerchio. Sono sempre quelle parole che stanno dentro quel cerchio che producono senso, e non altre. Le parole di una patria linguistica sono segretamente imparentate tra di esse, e tutti questi legami stabiliscono una parentela e fondano una patria, una patria metafisica. Il poeta abita quella patria e non un’altra. Un poeta non può cambiare patria linguistica. Può evolvere, sviluppare certe metafore fondamentali ma sempre all’interno di una determinata patria metafisica e linguistica.
Ci sono epoche caratterizzate dall’attesa, attesa che si verifichino le condizioni affinché una patria metafisica possa sorgere. E questa attesa può anche durare decenni o, addirittura, secoli. In questi interregni temporali la poesia che si farà sarà una poesia priva di patria metafisica, e quindi destinata ad essere perenta, insignificante, ed essere dimenticata.
Ci sono poeti che con il loro lavoro preparatorio, con i loro avamposti creano le condizioni affinché una patria metafisica delle parole possa finalmente trovare luogo. Questo lavoro preparatorio dei poeti non è mai vano, prima o poi arriverà un poeta che raccoglierà i loro sforzi e troverà una patria metafisica presso la quale abitare. Ed entrerà ad abitarvi, condividendone il destino. Perché il destino di un poeta è scritto nella sua patria metafisica e linguistica. Lì, non si può mentire o barare.
Il linguaggio di Maria Rosaria Madonna potrà sorgere soltanto quando il linguaggio di Zanzotto e di Fortini sarà tramontato per sempre. Ma, allo stesso tempo, il linguaggio di Madonna apre le porte e preannuncia la poesia di Mario Gabriele e quella di Gino Rago.
Francesca Dono da
ci tocca nominare il Nulla
/…/
Dall’occhio del ciclone la margarina non mostra prove. Reale il raschiosulle case popolari. La polpa vegetale appanna i tetti e le antenne.Per l’oscurità blu sottosuolo. Tanto sudiciume sfregato contro le finestre. Mr. Crocodile scarta un bambino alla volta. Sono doni-dice-Come caramelle comprate col bancomat. Un mercoledì ordinario.Peso del tempo.
/…/
apnea dei vestiti. Il quark ha composto rigonfiamenti e pianure. Lunghe notti di letargo.Tutto per far appassire la boa luccicante. Una cazzata cherry pop . Abbandonata a se stessa. Capite l’elemosina? Pungere le orecchie-Signorina Pearl – A misura del foro istantaneo.La luna sbadiglia con i corbezzoli della ruggine.
Dieci minuti.Venticinqueottobreduemiladiciannove. Un rantolo discute con la morte .Musica di frodo.
/…/
zigzag sulla rosa artica/Metà senza petali/L’altra parte discesa al pietrisco/Abbassare la testa e seguire il dorso tremante/ Un’ombra nel nido freddo/ Commento di Giorgio Linguaglossa
Eccellenti composizioni, Francesca Dono, con questi lavori sei entrata a pieno diritto nella nuova ontologia estetica. Certo, nominare il nulla non è affare di poco conto, hai dato il benservito alla poesia euforbica ed ergonomica che va di moda nella nostra epoca di autostrade digitali e di automobili digitali che ci narrano delle adiacenze dell’io postruista. Quello che mi colpisce in questi tuoi lavori è la disconnessione semantica, sintattica e ontologica del tuo procedere linguistico, il non dar conto di nulla a nulla, e lo fai con una fragranza asciutta e priva di utopia, priva di progetto. È il tuo account, sono i nuovi avatar ciò di cui tu narri… o meglio, non narri. E, così facendo e disfacendo nomini il nulla. Complimenti.
Tre poesie inedite di Marie Laure Colasson
19.
L’albatros à bras le corps suspendue elle veut l’eau transparente les miroitement des poissons des fonds marins
Les yeux au ciel bleu mélodie modulée piano et violon se répondent fusion velours des instruments
Corps à corps des échanges des pulsions eros chimique voluptueux
Les oranges les bruns les rouges s’entrelacent tranchés de noir quelques taches de blanc pour une lumière à cru
Les murs des villes fissures et lézardes enduits couleurs-plastiques grisailles sanglantes déchirures
*
L’albatro sospesa stretta forte lei vuole l’acqua trasparente lo scintillio dei pesci dei fondali marini
Gli occhi al cielo azzurro melodia modulata pianoforte e violini si rispondono fusione velluti degli strumenti
Corpo a corpo scambi pulsione eros chimico voluttuoso
Gli aranci i bruni i rossi si intrecciano trinciati di nero alcune macchie di bianco per una luce a crudo
I muri della città fessure crepe intonaci color plastica grisaglie sanguinanti lacerazioni
20.
La lumière cristalline oeuvre sur son mental et gaiement son corps exulte
Ler étoiles brodées de quatre lettres des peuples entiers y participent
Malipiero magicien des sonorités courtise assidûment Giulietta sur son piano
Une vague brune s’étend au delà des frontières sans répit l’homme dégueule son venin
Eredia joue à la guerre tandis que dans ses yeux le monde se renverse
Rupture d’un silence écouté des miaulements de chats en maraude
Esther court dans l’obscurité rencontre inattendue d’un espace clos
Una enveloppe cachetée “attenti alle truffe” contient une escroquerie plus savante
Kantemir Balagov regard pénétrant sans pitié fait tomber les masques
au sein de ruines de Leningrad
*
La luce cristallina lavora sul suo mentale e gaiamente il suo corpo esulta
Le stelle ricamate di quattro lettere di popoli interi vi partecipano
Malipiero mago delle sonorità corteggia con assiduità Giulietta sul suo piano
Un’onda bruna si propaga al di là delle frontiere senza sosta l’uomo vomita il suo veleno
Eredia gioca alla guerra mentre nei suoi occhi il mondo si capovolge
Rottura di un silenzio ascoltato di miagolii di gatti in sarabanda
Esther corre nell’oscurità incontro inatteso d’uno spazio chiuso
Una busta sigillata “attenti alle truffe” contiene una truffa più astuta
Kantemir Balagov sguardo penetrante senza pietà fa cadere le maschere
nel grembo delle rovine di Leningrado
21
Le vent fait voler les feuuilles jaunies ne laissant que l’austère squelette de l’arbre
Laure oublie son sac contenant tout sa vie ne le retrouve en aucun lieu
Un enfant plus petit que son accordéon appui sur les touches nacrées
Pietr sandwich eau minérale plonge dans le vain sens des mots sur son portable
Des poètes aux barbes gourmandes aux pas perdus sourire amusé de Dostoievski
Sergej en ventriloque déclame Eeredia n’entrevoit qu’un coeur égratigné
La terre s’ouvre des hommes murés dans le secret des aurores boréales
Dostoievski retrouve le sac de Laure feuilles jaunies vains mots fausses barbes accordéon portable
Comme cendre elle reste suele en secret
*
Il vento fa volare le foglie ingiallite non lascia che l’austero scheletro dell’albero
Laura dimentica la sua borsa che contiene tutta la sua vita non la ritrova in alcun luogo
Un bimbo più piccolo della sua fisarmonica preme sui tasti di madreperla
Pietr sandwich acqua minerale si tuffa nel senso vano delle parole sul suo cellulare
Poeti dalle barbe golose dai passi perduti sorriso divertito di Dostoevskij
Sergej ventriloquo déclama Eredia non vede che un cuore graffiato
La terra si apre uomini murati nel segreto di aurore boreali
Dostoevskij ritrova la borsa di Laura foglie ingiallite vane parole false barbe fisarmonica cellulare
Come cenere rimane sola in segreto
Commento
In queste composizioni di Marie Laure Colasson ci troviamo di fronte al dimagrimento e alla essenzializzazione della struttura frastica: dimidiamento degli aggettivi, eliminazione della punteggiatura, adozione del distico, adozione dello stile nominale, precedenza assoluta al sostantivo e al nome proprio, eliminazione delle particelle connettive del discorso, adozione sistematica del salto e della disconnessione sintattica, impiego della peritropè, interruzione sistematica dell’unità frastica. Tutti elementi strutturali di un periodare che punta alla essenzializzazione del discorso poetico. Che sia una poetessa francese, ultima in ordine di tempo pronipote legittima di Mallarmé, ad operare un simile disboscamento degli elementi non essenziali del discorso poetico, non può non colpire. Ciò vuol dire che questa spinta alla essenzializzazione del discorso poetico è un comune sentire che è presente da tempo in tutta Europa, si avverte che c’è un bisogno di alleggerire il discorso poetico di tutti i tropi eliminabili e non strettamente indispensabili. Ed è quello che tenta di fare la nuova ontologia estetica. Dostoevskij, Eredia, Sergej, Laura, Pietr, Kantemir Balagov etc sono nomi, indicano avatar, account, mittenti spogliati di significazione secondaria e primaria, sono delle icone semantiche che rimandano al nulla dietro di loro, al nulla che sta dietro e davanti al nostro mondo, si indicano azioni disperse avvenute forse per caso, stocasticamente improbabili, quantisticamente irrelate da entanglement. Così, noi scopriamo con raccapriccio e rammarico che la poesia ha cessato di essere rappresentativa ed è divenuta presentativa. Si presentano le cose, le parole così come esse sono nel nostro mondo: mere etichette, label, notizie di se stesse che ci raccontano in modo indiretto di un mondo colpito da entanglement e da disfania, un linguaggio insieme disfanico e diafanico, disfonico e disforico, distratto, sfrattato dal reale, dematerializzato e de-semantizzato.
L’evento delle cose è la loro semplice presenza, la magia del loro essere qui, accanto a noi, in modo inspiegabile e insondabile. In tal senso, possiamo dire che l’evento giunge alla sua fine, perché finendo, finisce anche la storia dell’essere che quell’evento racchiudeva. Scrive Heidegger: «Il pensiero che si raccoglie nell’evento», «Che cosa si può dire allora? Solo questo: l’Ereignis ereignet», tutto è trasparenza totale, e proprio per questo, oscurità. L’albatro, simbolo un tempo della purezza e del sublime è diventato metro della trasparenza dell’essere e di tutte le cose, ergo, oscurità, segnale muto, segno cieco, cieca diafania:
L’albatros à bras le corps suspendue elle veut l’eau transparente les miroitement des poissons des fonds marins
Se la metafisica è stata caratterizzata dall’oblio dell’essere e dalla sottrazione di ciò che dell’essere è destinale, quel che viene meno ora, quel che si sottrae è «l’eau transparente les miroitement des poissons», è l’oblio dell’oblio, l’oblio di questo ritrarsi dell’evento: il raccogliersi del pensiero nell’evento equivale purtuttavia alla fine di questa storia che abbiamo subito come sottrazione e velamento. Sottrazione e velamento che appartengono alla metafisica come loro limite, si rivelano invece essere proprietà dell’evento stesso, di cui ci appropriamo e ci dispropriamo. Ciò vuol dire che la sottrazione si mostra adesso come la dimensione del velamento stesso, il quale continua ancora a velarsi, solo che adesso il pensiero non vi presta più attenzione, perché viene colto da smemoratezza e dimenticanza. Ciò che è da-pensare, questa diafania universale, giunge alla sua fine, e il pensiero non vi presta più attenzione per quanto possa ben continuare ancora a esistere la metafisica. Perché ormai che qualcosa vi sia nell’«acqua trasparente», non significa che sia essenziale né significativo per noi giunti al termine della storia dell’essere e della sua metafisica, «les miroitement des poissons» suonano alle nostre orecchie come il suono di un oboe sommerso, come il colore delle barriere coralline in via di disfacimento.
Il pensiero post-metafisico che si annuncia in questa poesia indica allora un modo di abitare le cose in via di sbiadimento, quel modo che abdica ad una presa di possesso del mondo da parte dell’io egolalico ma di un possesso spossessante, di una dis-propriazione, di un alleggerimento di ciò che può essere scaricato, un abitare la mondità senza la presunzione di averne la chiave per il suo accesso e la sua processualità.
(Giorgio Linguaglossa)
[Marie Laure (Milaure) Colasson nasce a Parigi e vive a Roma. Pittrice, ha esposto in molte gallerie italiane e francesi, sue opere si trovano nei musei di Giappone, Parigi e Argentina, insegna danza classica è coreografa di danza contemporanea]
Una citazione da Mallarmé, “La disdetta” di Marina Petrillo
“I poeti che vivono d’ira e beneficienza Non conoscono il male di questi dei oscurati, Li dicono tediosi e senza intelligenza”
Lucio Mayoor Tosi
Alle poesie NOE di Francesca Dono si accede per balzo, fin dalle prime parole. Nemmeno per un momento si ha l’impressione di un progressivo allontanamento dalla tradizione. Francesca è scaltra – nella negazione del significato. – In “Squarci”, per sue vie anche Edith Dzieduszycka ottiene risultati di questo tipo, di non significazione. Comincio a familiarizzare con le poesie di Marie Laure Colasson, e mi piacciono, particolarmente se lette in lingua d’origine. Confesso però di non amare tanto il distico se disposto “ad elenco”. Intendiamoci, la mia obiezione è volta all’aspetto strutturale, qui per me a livello piuttosto basico (Le vent, Laure, Un enfant ecc.), e tuttavia nella fattispecie simile a qualcun altro della NOE. Ringrazio Marina Petrillo per la citazione di Mallarmé. Molto pertinente ai giorni nostri.