Giorgio Linguaglossa
Le Epoche della Felicità
(sono i suoi fogli vuoti)
da Le epoche della Felicità (sono i suoi fogli vuoti)
[...]
Da dietro lo stipite della porta il mio sguardo
indugia sul suo volto.
È lei, di profilo. Dipinge un ritratto,
o il suo autoritratto.
Chi è? È lei? Il suo duplicato? O una controfigura
nelle vesti della pittrice che dipinge
il suo autoritratto? [«ma, sia detto per inciso,
in questo caso si tratterebbe di un falso»,
disse il Signor Posterius che attendeva in anticamera].
La mano maschile impugna un pennello.
Noi non vediamo la figura dipinta sulla tela,
il cavalletto è obliquo [il sole entra dalla finestra
ed esce dalla porta]
vediamo il retro della tela e il volto della pittrice
che osserva il visitatore. Il suo volto,
illuminato dall'ombra di un lampadario di cristalli
un attimo prima del buio
[non capisco da dove venga la luce]
esprime meraviglia, sorpresa, riserbo.
Un pappagallo verdeazzurro scricchia sull'asse.
"Ho violato la sfera intima del suo pudore",
pensai in un sopra pensiero.
Indossa un abito sfarzoso, un vistoso décolleté
con le spalline a sbalzo turchese sul seno sussiegoso
come prescriveva la moda del tempo.
Quindi, Lei era in attesa del suo visitatore.
Si era preparata.
Anche il volto è particolarmente curato.
Le sopraciglia marcate e allungate da un trucco inquietante.
Il sorriso ammiccante tradisce
il retro pensiero di voler sedurre il convitato.
Il quale è comodamente seduto in poltrona
[è una mia congettura] in compagnia del Signor Posterius,
assiste alla scena [o è fuori di scena].
[Forse l'ospite sono io]. Cerco inavvertitamente
una sigaretta profumata nel portasigarette d'argento
che tengo nella tasca a sinistra della giacca
come un ulteriore termometro del mio esilio.
[Sono in anticamera]. Ma è più probabile che io sia in errore,
non c'è alcun segreto o esilio in tutto ciò.
Forse ciò che dico è soltanto una
mia congettura.
Una risibile, detestabile, irragionevole
congettura.
da Le epoche della Felicità (sono i suoi fogli vuoti)
Osserva la sedia vuota. C'è un vuoto. Lo vedi?
«Osserva la sedia vuota. C'è un vuoto. Lo vedi?.
Il suo ombrello rosso non c'è più. I suoi bagagli, le valigie,
non ci sono più.
Marlene è andata via... in un giorno piovoso
[c'era il lampadario illuminato]
E non farà più ritorno.
È fuggita nel treno blindato dei tuoi ricordi».
[...]
È rimasta la sedia vuota. Che io fisso
sempre di nuovo...
«Ma perché continuo a guardare la sedia – mi chiedo –
se so per certo che rimarrà vuota?».
Non lo so, ma continuo a fissarla.
Per disperazione? Per angoscia?. Per l’uno
e l’altro motivo, forse;
né per l'uno né per l'altro motivo, forse.
Non lo so; ma continuo a cercare la sedia
con gli occhi.
[...]
«La sua immagine nello specchio con la cornice dorata,
mi parla», disse la famosa Clairvojante,
«Mi dice cose che non sapete».
«But she was a pseudo-mulier, not fish or fowl,
capace di morire annegata in un bicchier d'acqua».
«All'epoca fui eletta Miss Università, finii
su tutti i giornali. Fu un gran colpo. E ne dissero
di tutti i colori...».
"Qui adesso piove. Una gran bella pioggia. Un bacio".
C'erano scritte queste parole sulla cartolina
di Marlene da Luxor.
Non ricordo più le sue parole.
Dopo il fatto lei pianse. Promise «un nuovo inizio»,
disse proprio così. Io non feci commento.
Di cosa mi dovrei rammaricare?
«Marlene suonerà alla porta, ne sono convinta,
con i suoi bagagli smarriti (smarriva sempre i bagagli)
e l'ombrellino rosso.
Chiederà il permesso di entrare», mi disse Madame Sosostris
dall'antichambre.
«Ti dovresti vergognare di sembrare una puttana»,
le dissi; e guardai la sua borsetta rossa,
lo smalto rosso delle unghie.
"Ma entrare dove?, non c'è nessun ingresso qui"
pensavo tra me, «Ma perché ti sei voluta sposare
se non volevi bambini, perché?».
Sbirciavo nel frattempo l'ombrellino rosso
e la sua borsetta rossa «con quel tanghero,
che poi ti piantò in asso».
«Buonanotte - disse un ospite - noi ce ne andiamo».
«Abracadabra».
«Sai Juri, poi con la vincita alle corse comprai
una fuoriserie fiammante»;
«Allora, non è vero quello che si dice in giro?».
«Che facevo la vita?».
«No, non è vero Juri».
«Buonanotte», «Buonanotte a tutti», «Buonanotte, Lil».
«Gerusalemme o Babilonia? È questo il problema».
«Preferisco Sodoma... sai, quando intervenne
la pioggia di fuoco». «It's very fun». «Doveva essere aprile».
«April is the cruellest month».
Poi qualcuno chiamò la polizia.
«Ma Lil è felice così, da quando ha cambiato sesso.
Adesso è felice».
«Chiuso per lutto», mi disse madame Sosostris
mentre sorseggiava un Campari;
«Io invece prendo paroxetina, una pillola, la sera,
e Trental da 600 mg. È per il sangue, e ormoni femminili
in quantità...».
«Anche lei vorrebbe?» - «Cosa?». «Cosa dovrei volere?».
«Non so, ricominciare tutto daccapo».
«Quella cartolina da Luxor. Tempio di Karnak.
L'ho conservata, sai». «L'ho messa come segnalibro
in un libro». «Poi l'ho dimenticata, e il libro si è perso».
«Ed ora eccola qui,
che salta fuori, come un cadavere!».
«Polizei, bitte! Venite, c'è un cadavere qui»,
disse un ospite al telefono.
«Va sempre a finire così, tutta la polvere sotto il tappeto».
«Ricordi?, poi siamo andati tutti sulle montagne russe!
È stato entusiasmante!».
«E poi mi hai baciata!, stupido, non lo ricordi?».
«Ma non c'è nessun cadavere, è solo nella mia memoria»
ho risposto al Commissario di polizia,
«Quel giorno ero sulle montagne russe!
Insieme a Lil. Vero, Lil? Vero? Ero con te, Lil,
sulle montagne russe...».
[...]
«Metti a posto il violino, lì, nella custodia nera»,
mi disse il Signor Posterius, [mentre un treno Espresso
attraversava la stanza all'Hotel Intercontinental
di Belgrado e un uccello bianco col becco dorato
mi interrogava] «accanto all'ombrellino
rosso, alla borsetta rossa, alla cartolina con il Tempio di Karnak».
«Prepara le valigie, l'archetto, il pennello,
la camicia stirata, la biro
è sul comò».
[...]
«Il passato non farà più ritorno
se non come incubo», mi dice un quadro vuoto appeso alla parete.
«Che pensiero assurdo – mi dico – il passato
può ritornare, ritornerà...».
«Marlene ritornerà. A quest'ora avrà messo su famiglia,
magari sta preparando la cena per i marmocchi,
di là i bambini stanno facendo chiasso».
«Ma Lil, tu queste cose non le puoi capire».
Mi illudo di ciò che non avverrà...
«Vuoi dire che non sono come te?, vuoi dire questo?».
«No, non voglio dire questo. È che tu sei diversa,
hai un aspetto così femminile, seducente...».
«Il Libro dei giorni è già stato scritto»,
le dico con un'altra voce, da un lampadario spento
[mentre turisti giapponesi siedono ai bordi del letto
nella mia stanza all'Hotel Intercontinental
e fotografano tutto. La scena del delitto.]
«Che pensiero assurdo», mi dico, «questo
dell'eterno ritorno, come se le cose
potessero ritornare...».
[...]
E torno a guardare il violino, l'archetto, il pennello,
la camicia stirata, la biro, l'ombrellino rosso,
la sedia vuota...