EDITH DZIEDUSZYCKA, POESIE INEDITE DA L’IMMOBILE VOLO CON IL PUNTO DI VISTA DI GIORGIO LINGUAGLOSSA, LA VITA È UNA SERIE DI COLLISIONI CON IL FUTURO, IL DECADIMENTO DELLE CATEGORIE PSICOLOGICHE, LE PSICOLOGIE TENDONO ALLA PSICOSI, L’IO È STATO RIDOTTO A NUDA VOCE
edith dzieduszycka diario-di-un-addio-sogno
«Le categorie psicologiche… sono diventate categorie politiche. Le tradizionali linee di demarcazione tra psicologia da un lato e filosofia politica e sociale dall’altro, sono state rese antiquate dalla condizione dell’uomo della nostra epoca: processi psichici un tempo autonomi e identificabili vengono assorbiti dalla funzione dell’individuo nello stato – dalla sua esistenza pubblica. Problemi psicologici diventano problemi politici: il disordine individuale rispecchia più direttamente di prima il disordine dell’insieme, e la cura del disturbo personale dipende più di prima dalla cura del disturbo generale. L’epoca tende al totalitarismo anche dove non ha prodotto stati totalitari. Fu possibile elaborare e praticare una psicologia come disciplina particolare finché la psiche fu in grado di contrapporsi al potere pubblico, finché vi fu una vera vita privata, realmente desiderata e in grado di creare da sé le proprie forme».
(Herbert Marcuse, Eros and Civilisation, 1955, trad it. Eros e Civiltà, Einaudi, 1964 p. 47)
Ortega Y Gasset ha scritto: «La vita è una serie di collisioni con il futuro: non è una somma di ciò che siamo stati, ma di ciò che desideriamo essere. L’uomo è l’essere che ha assolutamente bisogno della verità e viceversa, la verità è l’unica cosa di cui l’uomo ha essenzialmente bisogno, il suo unico bisogno incondizionato»2; ma potremmo anche capovolgere il suo assunto affermando che l’uomo è l’essere che non ha assolutamente bisogno della verità, la verità è l’unica cosa di cui l’uomo non ha assolutamente bisogno.
La problematica che Edith Dzieduszycka affronta in questo libro è esattamente questa: è possibile vivere autenticamente nel freudianoPrincipio di realtà? È possibile un barlume di felicità nell’ambito del freudiano Principio di piaceredelle odierne società occidentali evolute a capitalismo dispiegato e a repressione invisibile e capillare? È possibile pensare e parlare in maniera autentica nell’ambito della categoria della «confessione» e del «monologo interiore» e del «flusso di coscienza»? E, in ultimo, è possibile l’elaborazione dello stesso pensiero cosiddetto libero costretto entro il circolo ermeneutico del discorso rivolto ad un interlocutore? Ad un interlocutore risponditore?. Domande inquietanti, dalla profondità abissale che ci portano nel cuore del problema dei problemi.
Il libro è costituito da due «voci», una maschile e l’altra femminile, ridotte alla «nuda vita». L’Io è stato ridotto a nuda voce. Due «voci» monologanti, presumibilmente due persone conviventi o sposate dei giorni nostri di un qualsiasi luogo insignificante dell’Occidente evoluto che mettono in opera una «confessione» separata, a compartimenti stagni, in camere separate, blindate dalla incomunicabilità generale. Ciascuna «confessione» avviene nell’ambito del proprio Foro interiore, ciascuna parla a se stessa per parlare all’altra, ciascuna parla un linguaggio che l’Altro intende benissimo ma che, proprio per questo, lo fraintende e lo equivoca. Perché ciò che aziona le «voci» è la mole invisibile dell’Inconscio. Ecco spiegato il titolo L’immobile volo, in realtà i due Personaggi, le due «voci», pur legate presumibilmente da una contiguità passata e da una relazione intima pregressa, ciascuna, dicevo, è sostanzialmente «immobile», cioè incapace a superare e infrangere lo schermo del Foro interiore, la convenzione sociale della «confessione» e quant’altro. Ergo, ciascuna «voce» è inetta e infetta, e falsa, fortificata dalla propria falsità, falsificata dalla falsa coscienza con la quale si presenta la civiltà dell’ordine borghese dei rapporti di produzione e delle forze produttive che ubbidiscono alle regole del mercato e del capitale.
Entrambi i personaggi hanno un vissuto, vivono, si strappano le vesti, gridano e si dibattono nei meandri del teatro della «confessione», ma sembrano incapaci di andare oltre di essa, impossibilitati a varcare le colonne d’Ercole del Foro interiore. Ciò che c’è in interiore homine è in realtà cloaca, falsità, menzogna, ipocrisia, ambiguità, narcisismo, esibizionismo, in una parola: falsa coscienza e inautenticità. Non si dà alcuna possibilità, come scriveva Adorno, nell’ambito della falsa coscienza di attingere un sia pur lontanissimo frammento di felicità, essendo ogni felicità trafugata un piccolissimo frammento della grande infelicità degli uomini, che gli uomini si negano e negano agli altri loro simili.
Dicevo che i due personaggi dzieduszyckiani sembrano trovarsi in stanze separate da una sottile parete, tentano in tutti i modi e con tutte le proprie forze di comunicare, di aprirsi all’altro, ma quello che ottengono è una chiusura e un aumento di chiusura, una iperchiusura. Le pareti del Foro interiore di agostiniana memoria sono diventate pareti di prigione, sono inamovibili, impermeabili ai buoni sentimenti e alla presunta sincerità delle «voci», sono espressioni del regime del presentismo mediatico delle odierne società post-democratiche; in realtà, ciascuno dei due personaggi organizza una propria strategia per porre in scacco il contendente, quella che si gioca è una partita per il potere e la volontà di potenza, per il vessillo della vittoria da erigere sul catafalco del contendente. È che le categorie psicologiche sono diventate inutilizzabili per la introspezione delle peculiarità individuali delle psicologie, e sono anche inadatte alla spiegazione dei fenomeni politici; le psicologie tendono alla psicosi, ed entrambe sono simultanee e concordanti con lo stato totalitario verso il quale quelle psicologie sono dirette.
L’indagine dei rapporti umani è utilissima per la retrospezione della deriva autoritaria di molti paesi dell’Occidente, questo libro della Dzieduszycka rende palese ed evidente come siamo tutti dipendenti da una economia monetaria della libido e degli affetti, la cui regola aurea è: ti do tanto quanto tu dai a me, non di più, e forse di meno. È che gli affetti e le passioni sono nient’altro che idee confuse e prive di mèta, si sono ormai omologati al valore di scambio, e forse è disutile financo indagare dove siano finite quelle passioni e quegli affetti, ma una ragione dovrà pur esserci se sono finite tutte nella rigatteria del rigattiere. Così, l’impossibilità della felicità globale attecchisce e corrode finanche la pur minima possibilità di conquistarsi la più minuscola delle felicità al portatore. E l’erotismo lascia il posto alla volontà di dominio, le passioni al totovincite dei premi organizzati dal marketing delle felicità compossibili, ciascuno infelice in quanto ci si ragguaglia senza remore alla infelicità collettiva.
Il lavoro alienato chiama in causa l’alienazione delle passioni e degli affetti e l’infelicità individuale giustifica e spiega l’infelicità globale nella quale siamo tutti irretiti qui in Occidente. I dialoghi della Dzieduszycka rendono vistoso e palese come la riproduzione allargata delle merci e del plusvalore si ripercuota sulla riproduzione allargata dell’infelicità individuale e generale delle moderne democrazie in via di sviluppo verso forme di democrazia totalitaria, dove l’incomunicabilità delle moltitudini sono ben evidenziate dalla incomunicabilità dei personaggi prigionieri in stanze separate, condizione questa omologa e parallela alla incomunicabilità dei due fori interiori.
Le categorie politiche si sono trasmutate in categorie psicologiche, ed anche estetiche, e viceversa. Il postruismo (dizione di Maurizio Ferraris) e il truismario (dizione mia) sono categorie imperfette e precarie che dalla «nuda vita» (dizione di Giorgio Agamben) sono passate nella sfera psicologica, nella sfera politica e di qui all’estetica; ormai le categorie sono transitabili, permutabili e mutagene; non c’è nulla di solido in esse, sono precarie, inferme, sono entità mass-mediali, entità ansiolitiche, categorie di plastica che ingolfa il pianeta totalitario. Il mondo è andato in frantumi e alla rovescia ribaltando le categorie che un tempo erano dritte e mandando all’aria le cose statuite. L’ordo rerum del capitalismo sviluppato impone il suo marchio vigoroso sui beni di consumo e sugli uomini, imprimendo sulle loro carni e sulle loro psicologie il sigillo della infelicità coniugale e generale. L’infelicità coniugale è diventata una sorta di epifenomeno della infedeltà e della infelicità generali. E così il disordine delle menti rispecchia il disordine generale che vige nel regno del capitalismo galoppante. In queste condizioni, parlare di libertà, di felicità e di foro interiore significa partecipare inconsapevolmente o colpevolmente all’imbonimento generale delle masse e favorire la barbarie della civilizzazione ininterrotta.
Perché le ferite dello Spirito non guariscono e lasciano vistose cicatrici.
1 Ortega Y Gasset , Sull’amore, Sugarco, 1996 p. 76
[Pitture di Edith Dzieduszycka]
Edith Dzieduszycka, inediti da L’immobile volo
LEI
Sì
ma sì
lo so
certo che lo so
da tempo, tanto tempo, tempo che non sospetti
forse
ma forse sbaglio
come tu sai – credo – che io so
ma fai finta di nulla
come faccio anch’io,
così entrambi
in un livido vortice
di silenzio
.
LUI
prevedo che sarà quest’oggi una giornata no
Mi basta il suo sguardo
obliquo
sfuggente
per capire l’umore
l’oscuro meccanismo che di quando
in quando la pervade
la rode
rendendola straniera al decorso normale
pensa forse “banale” della vita vissuta
In quei casi
sto zitto
aspetto che passi
Edith Dzieduszycka
L'IMMOBILE VOLO
"... Dissipa
tu se tu vuoi questa debole vita che si lagna,
ma io non ti trovo e non so dissiparmi. Dissipa
tu se tu puoi, se tu sai. se ne hai il tempo
e la voglia, se è il caso, se è possibile, se
non debolmente ti lagni, questa mia vita che
non si lagna. Dissipa tu la montagna che m'impedisce
di vederti o di avanzare; nulla si può dissipare
che già non sia sfiaccato. Dissipa tu se tu
vuoi questa mi debole vita che s'incanta ad ogni passaggio di debole bellezza; dissipa tu
se tu vuoi questo mio incantarsi, - dissipa tu
se tu vuoi la mia eterna ricerca del bello e del buono e dei parassiti......."
La libellula
Panegirico della libertà
Amelia Rosselli
LEI
Sì
ma sì
lo so
certo che lo so
da tempo, tanto tempo, tempo che non sospetti
forse
ma forse sbaglio
come tu sai - credo - che io so
ma fai finta di nulla
come faccio anch'io,
così entrambi
in un livido vortice
di silenzio
LUI
prevedo che sarà quest'oggi una giornata no
Mi basta il suo sguardo
obliquo
sfuggente
per capire l'umore
l'oscuro meccanismo che di quando
in quando la pervade
la rode
rendendola straniera al decorso normale
pensa forse "banale" della vita vissuta
In quei casi
sto zitto
aspetto che passi
LEI
ti dirò mai
un giorno
quello che all'interno in fondo
a qualche botola
ogni giorno accumulo e mescolo
e giro
e schiaccio
per far posto ad altro che verrà
Ingredienti che si congiungono o si respingono
con disgusto amaro
che mai sospetteresti mi abitassero
inquilini potenti
del mio condominio
dalle finestre
chiuse
LUI
non si accorge
lei
che mi accorgo
io
dei suoi stati d'animo per cui sono sicuro
che sia convinta
lei
di vivere insieme ad un essere cieco
un uomo senz'acume né sensibilità
una persona rozza
ma forse ha ragione, non posso sempre stare dietro
ai suoi umori
ai suoi capricci
al suo mutismo
né passare il mio tempo a chiedermi perché
oggi
mi fa il broncio
LEI
da tanto tempo
dunque
nemmeno saprei dire esattamente
quanto
- perché
ora emerge?
perché
ora di più? -
s'incrociano - che dico - lungi dall'incrociarsi
parallele
diramano
su sentieri vicini
le nostre due strade senza mai incontrarsi
in seno alla foresta del non-detto
Soltanto all'orizzonte
fanno finta
d'unirsi
LUI
non saprei calcolare con molta precisione
da quando è scattato
quell'andazzo perverso
Ha cominciato
lei
a staccarsi
sfuggente?
O sono stato io
a sentirmi estraneo
un poco alla volta
al trantran quotidiano
per lo più prevedibile del grigio condividere
giornate mesi anni
ognuno prigioniero dei propri pensieri
ricordi e rimpianti
LEI
ieri mi è nata
- chi sa perché accadono
pensieri eventi cose
un certo giorno
proprio quello e non un altro?-
Ieri
irrefrenabile
e per me inconsueta
quasi miracolosa ma piuttosto assurda
mi è venuta
dunque
la voglia di parlarti
chi sa
forse di noi
di dirti delle cose che ancora non so
ritrovare parole
smarrite au fil des jours
frasi da imbastire come lembi strappati
che non riesco più
adesso a ricucire?
LUI
oggi mi sembra strana un po' più del previsto
Mi ha guardato
prima
con insistenza
ed insieme incertezza
Questa volta
però
mi è parso diverso
direi insolito
quel modo un po' di sbieco
di lanciarmi occhiate
Come se volesse farmi capire
qualcosa
- che poi non ho capito
ma devo confessare di avere provato poco -
Sembrava impaurita, sarà mica incinta?
Ma non ci voglio credere
sa bene che
per me...
l'argomento è chiuso
LEI
certe volte
vorrei
con te volare
più in alto
parlare di anima
o di morte
o di vita
di quelle cose stupide
di cui non si sa nulla
cose che non si toccano
né si vedono
né si mangiano
"Cose dell'altro mondo"
tu mi rispondi spesso con tono ironico
Ci ho provato a volte
sempre pentendomi per esserci cascata
Argomenti tabu
forse hai ragione
banalità
frase fatte e ritrite
su di loro sappiamo e soltanto
di solito sgranare
LUI
la coglie
di traverso
una sciocchezza detta
facendola cadere in un muso profondo
Ad intervalli brevi
la tormenta una smania
vuole filosofare
tira fuori concetti e discorsi astratti
La prendo poi in giro
questo la manda in bestia
ed il mio rifiuto di stare al suo gioco
la chiude a ricciolo dentro una fortezza
Dopo
quasi mi pento
la vorrei consolare
confessare
"Io perfino
attraverso momenti
di dubbi e vague à l'âme
LEI
sento però
salire
quella voglia
malata
di aprire la botola
dall'aria rarefatta e sentori di muffa
in cui contorti strisciano
e s'aggrovigliano
larve
sul fondo viscido e claustrofobico
i rinchiusi pensieri
ormai assuefatti
a quella vita
grama
di torpore
a quella vita che addosso
ci sta appiccicata
sempre sia quella
vita
LUI
però devo sapere
se quel mio pensiero è l'ipotesi giusta
me ne deve parlare
sono cose urgenti, non c'è tempo da perdere
Non riesco a chiederle se quella
è la causa
del suo atteggiamento
quasi colpevole
Se sarò troppo brusco
lei si richiuderà
e per un giorno
due quattro
chi sa quanti
non si sbottonerà e staremo
allo stallo
Una bella fatica
sopportare le donne
tentare di capirl
LEI
hai fiutato
- mi sembra -
questo mio impulso - senza una ragione
privo d'ogni volere ma
non ci giurerei -
impulso forse cosciente giacché mi capita di volerti
stupire
a volte
provocare
Così proprio ieri
trasmissione bizzarra
altro
mi sei sembrato
altro da te
non oso dire strano
tanto quella parola
possiede
un ché di vecchio
consunto
quasi scontato
LUI
aspetterò un giorno
o due
ma non di più
intanto ho il mio da fare
non posso rimanere appeso al suo volere
Farò finta di niente
col passare del tempo qualcosa verrà fuori
A volte basta poco
per socchiudere l'urna in cui galleggia
qualcosa di inespresso
Mi mostrerò paziente
questo la stupirà, sarà quasi un gioco
vedremo chi dei due per primo
cederà
Anche questo
in fondo
fa parte della trappola
LEI
Infatti
ieri
- ripeto perché ieri? -
quel giorno era banale
direi qualsiasi
senza nastro o medaglia
per tenerlo a memoria
Avevamo cenato alla solita ora
unica novità
avevo preparato
- da mo' non la facevo -
una trota al limone come piace a te
e per la prima volta
messo il mio vestito a scaglie
da sirena
- non l'avevi mai visto -,
vino bianco
frizzante
dentro i calici di vibrante cristallo
e poi altri dettagli
LUI
Mi ha fatto trovare
la sera
al mio ritorno
imbandito il tavolo
come per una festa
lei direi molto sexy
in un vestito nuovo piuttosto
provocante
Penso d'aver sbagliato la mia congettura
Se fosse stata giusta la mia ipotesi
non avrebbe ordito una tale messa in "cena"
Non mi sono espresso
ma è stato un sollievo
M'intriga ogni tanto il suo verso imprevisto
sarà credo per questo
che sto con lei ancora
Oscuro
ambiguo lato
che forse mi attrae
gioco delle scale da scendere e salire
LEI
una tovaglia fresca
odorosa di bucato
sul tavolo rotondo accanto alla finestra
Invece sul carrello
un vassoio di lacca
con calici bottiglie
un mazzo di lillà dai sentori d'infanzia
In sordina gemevano
in preda a Metamorfosi
i ventitre violini
Ho scoperto con gioia
che anche a te piacciono
Era tutto perfetto
era stucchevole
quasi mi vergognavo
un'immagine kitsch da corriere del cuore
Prevedevo il tuo ghigno
lo davo per scontato
ma ti sei trattenuto
forse avrai capito che ti aspetto
al varco
LUI
devo però ammettere che
conciata così
sei piuttosto arrapante
- quasi non ricordavo -
pure un po' patetica
vista la cosa
a mente fredda
Scommetto che nel bagno
per completare il quadro hai acceso candele
Vado a controllare
Invece non ci sono, delusione!
ora ti tolgo un punto
A parte quel dettaglio non manca proprio
niente
avrai letto "Eva Nuova"
Ma mi viene un sospetto
forse il tuo scopo è prendermi in giro
recitando
sulfurea
la parte dell'allumeuse?
Aspetto lo strip-tease
LEI
da festeggiare dunque
non c'era proprio nulla
nulla che in mente mi salti
santo o compleanno
ricorrenza in agguato
Eravamo da soli
tu
io
e basta
però mi è sembrato
per una volta consci d'essercene accorti
di aver fatto tilt
anche parlando piano
e in modo garbato
della pioggia in arrivo
dell'aumento del gas
del frigo da comprare
degli ultimi sbarchi sulle coste nostrane
ma niente sul perché
della cena imprevista
LUI
ora mi viene un dubbio
fosse la ricorrenza del nostro primo incontro?
Quella del primo bacio
mi sembra troppo poco
del nostro primo viaggio?
Camere prenotate
due
in un albergo di cui
una
deserta
Di ghiaccio nella prima
il letto
di fuoco nella seconda
La data del matrimonio
quella me la ricordo
non era ieri giorno né oggi né domani
Sarà stato un capriccio
perché no
me lo godo
anche se con un'ombra di leggera vergogna
LEI
a cosa
stai pensando in questo preciso istante?
Domanda stupida
degna d'una risposta a volte
infastidita
raramente sincera
Non te l'ho chiesto mai
penso l'avrai notato e - spero -
apprezzato
Neanche tu del resto
e va bene così
Dobbiamo inventare
immaginare
intuire
ma non è facile
Non sono libri aperti
a volte
certi volti
sono scrigni segreti
dalla chiave nascosta
LUI
punto interrogativo
ora
il suo viso
La conosco oramai
- direi -
a menadito
si chiede come ho accolto la sua iniziativa
questo farmi trovare una scena
bizzarra
un gioco da bambina
come quando
da piccola
- me l'ha raccontato lei -
con le sue amiche
imitando le mamme sistemavano
piatti, posate da dinette
invitandosi a turno a prendere un tè o
una pasta finta
LEI
Cosa mi aspettavo da quella mossa idiota
da rotocalco becero?
Svegliarti
farti uscire con i soliti mezzi
dal tuo stato cronico di sornione torpore
dal tuo lungo letargo?
Dell'albero la scossa per far cadere
il frutto?
Con l'aiuto del corpo per svegliare la mente
e quello della maschera
per suscitare la voglia di curiosare
dietro?
A cosa stai pensando?
Non esiste mistero
insondabile...
buio
come l'altrui pensiero
che non si vuole svelare
LUI
vorrei proprio sapere in quel preciso
istante
cosa ti frulla in testa
Non te lo chiederò
molto più bello
il gioco
quando resta segreto
Vuoi fare la civetta?
Alla tua età?
Ti sei fatto un amante e vuoi dare
il cambio?
Forse ti sei stancata della solita solfa
ripassando a pennello con colori sgargianti
coprendo di fiori la bara
polverosa dei giorni
troppo grigi?
Se mi fai tenerezza oppure un po' pietà
ancora
non l'ho capito
LEI
su di me ho sentito
come un soffio leggero
- invece era la brezza
forse
l'ala distesa d'un immobile volo -
posarsi il tuo sguardo
il primo che ricordi da tanto
troppo tempo
sguardo ambiguo
del tipo che ti fa
a secondo del giorno
dell'ora
dell'umore
sentire come ragno
di quelli disgustosi che vorresti schiacciare
fermi sulla parete a tessere la tela
oppure come dea
dall'aria luminosa e dal potere occulto...
Vai a sapere quale?
LUI
confesso che stasera non ti ho solo vista
ti ho pure osservata
ne valeva la pena
È che talvolta
sfugge
quel che davanti
a lungo ripetuto
diventa trasparente
E mi sono accorto senza darlo a vedere
che questo mio sguardo
- hai fatto finta di niente -
è giunto fino a te
L'ho subito capito e mi ha divertito
quel tuo non fidarti
Giacché spesso ti lascio
apposta
- credo lo sai -
nel dubbio
sul decorso dei pensieri
miei nascenti
e sempre trattenuti
LEI
è stato come un lampo
breve e già il tuo occhio
su altro
si posava
acqua colpevole di non bagnare più
ma tempo di quel lampo
- non mi sono sbagliata -
era stato curioso
e vivo
quello sguardo
freccia ambigua sguardo del ricordo
dello slancio del tuffo
delle tende tirate
come se tu volessi sull'orlo di un pozzo
sondare quanto è profondo e quali scheletri
dentro vi si sfarinano
diventando pietanza dal gusto
ormai scordato
ma pronto a rispuntare
LUI
e va bene
ora basta
Hai fatto uno sforzo per mostrarti
carina
farmi una sorpresa
una buona cenetta
se fossi perfido
direi
una "cena elegante"
ma di cattivo gusto sarebbe
mi astengo
Hai voluto offrirmi
- non so perché -
un ritorno ai tempi in cui senza parlare
tutto capivamo
dei nostri sentimenti
dei nostri desideri
dei problemi che inevitabilmente
sorgevano a volte
subito superati da una notte folle
LEI
mi è sembrata
allora
quasi indagatrice l'ombrosa curva nera
del tuo sopracciglio
- dico tuo -
sopra l'occhio di stagno
poco tempo
davvero
il tempo di versarsi di vino un altro goccio
E' rimasto per aria
quel moto di allerta
regalando al tuo viso un'espressione
buffa
appena un po' sbilenca
dubbiosa poi rinchiusa
come fossi scampato ad un pericolo
nascosto tra le pieghe di un ignoto bivio
LUI
e ora che facciamo?
Credo di aver capito la sua strategia
è abbastanza ovvia
Vuole coinvolgermi
farmi penetrare nella sua scacchiera
Ora devo decidere quale cammino
scegliere
Ha di bello
quel gioco
ma talvolta di storto
che non si può sapere
in anticipo
mai
chi vince la partita
No
non gliela farò vincere
senza che lei capisse che non ci sono cascato
come un pollo spennato
LEI
nello stesso istante
coincidenza
lontane risuonarono dalla finestra aperta
nate
cresciute
da struggente bandoneon
le note
un po' lagnose
sovrastando il CD d'un tango argentino
L'avevamo ballato
con ardore
con strenue languore
spesso - lo rammenti? -
nelle torride ore d'un'estate smarrita
nel tempo del sorriso che
adesso infiora
d'una tenue luce
il tuo labbro carnoso
LUI
scherzi del destino.
l'avrà prenotata
la musica struggente di quel vecchio tango
di Piazzolla il mago
musica sulla quale
un tempo
avevamo ballato?
Dalla finestra aperta ci salgono le note
strascicate
lascive di quella melodia
forandoci la pelle
Musica sensuale
che nelle nostre vene
come sangue era corsa
e che oggi ancora
dentro di me sento salire
e sciogliersi
potenza del ricordo
LEI
ricordavi tu pure dunque
lo intuivo
l'intreccio sensuale
delle nostre gambe
e delle nostre pance
fuse
avvinghiate
che faceva un tutt'uno snervante
carico di attesa
e desiderio
Nel ritmo si fondevano scattanti e docili
e sciolte
le nostre mosse come nel vento
flusso
e riflusso dell'onda
LUI
perché dovrei lottare contro quell'onda
calda
che mi sta invadendo?
Non sono masochista fino a questo punto
Mi propone una notte
parentesi piacevole alla monotonia
Sarebbe poco furbo
davvero
rifiutare
e perché poi
in nome di quale sciocca inerzia
quell'offerta imprevista
Non è detto che sia ridicolo
per forza
il sesso stagionato
LEI
certo era ieri
un altro giorno è oggi
anche se
nuovamente come ieri a tavola
ti vedo
ti osservo
ti leggo a libro aperto e spio la scintilla
bolla
iridescente
fuggitiva
incerta
di quelle che nel buio ai lati della strada
fanno brillare
in un lampo fugace i fari della macchina
fendendo la bufera
rovi polverosi
arbusti rinsecchiti
LUI
ora seguo il corso di quel momento
mite
perfino sdolcinato
che in fondo mi piace
ma non glielo dirò
Perché non deve credere
neanche illudersi di condurre il ballo
Lo sa
che tocca a me iniziare le danze
ma se per una volta
mi concedo e ballo sullo spartito suo
non dovrà trasformarsi
questa sottile mossa
in qualche precedente
Credo ci troverò
- comunque lo prevedo -
un giusto tornaconto
LEI
ti vedo
ti osservo
per me sei sempre bello
lo dico con rimpianto
avrei tanto voluto trovarti
un difetto
un tanto di calvizie
la pelle granulosa
le gambe un po' storte
o la pancia sporgente
magari un dettaglio a me soltanto noto
da te forse nemmeno
Di poco sei cambiato
e perfino quel poco ti lambisce a pennello
ora però stasera
mi sento un po' bizzarra
- avrò bevuto troppo? -
Mi costringo alla calma
mi presento serena ma ti vorrei strozzare
LUI
il tango è finito
le Metamorfosi sfumate anche loro
nella morbida sera
Percepisco un silenzio
denso come groviglio
Sta diventando tiepido dentro l'alta bottiglia
un avanzo di vino
hai portato un gelato l'hai servito in coppe
annaffiato di panna
E mentre tu lo mangi
leccandoti i baffi di cioccolata nera
mi guardi
mi scruti
come un mercante in fiera
dal giudizio severo
che punta al cavallo più ruspante e potente
A tal punto sfrontato
il tuo osservarmi
che mi sento avvolto
come da una fiamma
LEI
sì
proprio strozzare
basta poco
davvero
per di colpo cambiarci in bestie omicide
Credo si chiami raptus
quell'impulso violento
quasi incontrollabile
che sai di dover stringere dietro un argine
L'iter è fare finta
rimanere nel solco
perfino sprofondarci
Così ti ho sorriso
un sorriso solare
quello delle stagioni felici della storia
sei sembrato sorpreso
forse ti aspettavi una lunga valanga
rimproveri
accuse?
LUI
una gelida fiamma
perché nel tuo sguardo all'improvviso
cupo
ho percepito al volo
spaventato
una traccia di odio
fino ad allora ignota
Così veloce è stata
che m'è venuto il dubbio di avere sbagliato
colpa dell'ombra
scesa
subdola
sulla sera
Infatti subito
nella luce rosata del sole al tramonto
si è illuminato il suo viso
- sorpresa non da poco -
in un largo sorriso
All'improvviso
radioso il tuo volto
LEI
hai sorriso anche tu e sembrava sincera
- non a mezza asta
come spesso -
l'espressione irradiata sul tuo volto aperto
Sarà stato sollievo
per averla scampata
ad una tiritera
di quelle che a volte mio malgrado o no
t'infliggo
quando amara
colma
traboccante
pesa la mia coppa
Non sfuggente adesso il tuo sguardo
diretto
anzi penetrante
l'ho sostenuto a lungo
e provato nel corpo un'onda di desiderio
come di braciere
sopito in un nido di cenere
LUI
come ha fatto adesso a passare in un lampo
dall'ombra
alla luce
la luce solare di un sorriso?
Quale sorriso poi!
È stato calcolo
cambio spontaneo dovuto ad un pensiero
fiorito all'improvviso?
Sorprendermi
sarà il suo perfido scopo?
Infatti
lo confesso
mi aspettavo invece
un diverso sviluppo
dopo l'occhiata nera e quasi assassina
Riflesso condizionato
ho sorriso anch'io
- temo come uno scemo -
ghermito all'improvviso in una ragnatela
Mi sento raggirato e perfino
sconfitto
LEI
da così tanto tempo
questo non accadeva che mi sono sentita in colpa
frastornata
Contrastarla dovrei
quell'onda malandrina
reprimerla sul nascere o passiva raccoglierla
lasciarmi penetrare?
Credo tu abbia intuito
comunque
percepito la mia incertezza
Hai ripreso in mano la coppa
e l'hai alzata
con un tuo gesto ampio
come a voler irridere la farsa condivisa
Un filo ironico
difatti
questo nuovo sorriso
Ti conosco e so
che mai vuoi darti vinto in quella lotta subdola
che ci vede a confronto
con armi sempre alzate
LUI
so bene
ogni volta
come va a finire
tutti e due sappiamo
che quella è la strada
scontata banale
anche se non esente da attrattive
anzi direi di più
perché sono momenti di grande godimento
e migliori ancora
se non si conoscesse
in partenza
l'iter della faccenda
A volte mi domando:
ma sarò io normale?
Cos'è che mi trattiene sull'orlo di quel gioco
come se lo guardassi
dall'alto con compassione?
Un altro po' di vino
purtroppo tiepido
e basta con i rovelli!
LEI
di tenue sfumature e di silenzi grigi
si può
a lungo vivere
anzi
trovare l'angolo dimesso nella cuccia dove stare
al riparo da temute tempeste
Ci si può stendere
adagiare
sereni
e perfino gustare il tempo senza scosse
tra una scossa e l'altra
Basta non indagare gli oscuri meandri
che serpeggiano fitti nell'antro trascurato
Basta non ascoltare le voci
ostinate
che tentano di giungere
per niente rassegnate
alla coscienza pigra
LUI
basta con i rovelli
si fa presto a dirlo dopo mesi d'inerzia
e doppia solitudine
- così mi sembra almeno -
in cui per conto proprio
ognuno vivacchiava
non male per carità
in una bolla bigia
Davanti si stendeva una vita tranquilla
monotona
direi asettica
adagiata ormai su un carro oleato
senza scosse né sassi
Si è stancata lei
io non ci pensavo
Ha avuto ragione
ora la mossa è mia
però il mio timore è perdere la faccia
LEI
ma bisogna volerlo ed è questo lo scoglio
ché non sono sicura
infatti di volerlo
Forse
come a te
piace quell'incertezza
quelle mosse bizzarre
in cui siamo vittime e duri predatori
In quel gioco
può darsi
risieda la nostra arma
l'arpa magica forse
sulla quale suonare il solito spartito
sempre ricominciato
uguale eppur diverso
partita sempre muta
la Regina
il Re
intorno le pedine
che non contano nulla
LUI
questo è il momento
fluttuante incerto
in cui arriva al pettine il nodo aggrovigliato
Lo si dovrà sciogliere con movimenti lenti
e lontane parole
oppure con un balzo di felino affamato
Ancora non ho deciso la tattica migliore
mi sa neanche lei
Siamo qui
faccia a faccia
galleggia tra di noi una nebbia d'argento
una specie di velo
che ci protegge
ancora
dalle mosse sbagliate
lentezza esagerata
o precipitazione
movimenti maldestri
LEI
hai posato il bicchiere
vuoto
piano piano e poi ti sei alzato
Segnavano
sul muro
i raggi del tramonto
l'ombra tua
gigante
Di bigia seta cruda
le tende alla finestra aperta sul giardino ondulavano
molli nella brezza serale
Il tiglio
ora maturo
distillava i sentori soavi dei suoi fiori
profumo inebriante
che su di me produce un torpore sognante
Hai fatto pochi passi
intorno al tavolo
LUI
lasciando i bicchieri ha portato in cucina
piatti posate coppe
s'è chinata sul lilla con un lungo respiro
ha tirato le tende
lasciando la finestra leggermente socchiusa
perché potessero penetrare
ancora
i profumi della notte
Ostinato
frignava un grillo
ormai di casa all'angolo del muro
Ha acceso la lampada dall'abat-jour avorio
e tornando a sedersi
ha abbozzato
un gesto
verso di me
in piedi
LEI
nel cavo della mano
hai raccolto il mio volto
verso di te alzandolo ad un dito dal tuo
con un gesto brutale
dell'altra mano libera
hai fatto roteare la sedia scricchiolante
Ora
le tue mani intorno alla mia vite
mi hai fatto alzare
dritta
di fronte a te
Cupo il tuo sguardo
perfino arrabbiato
Bene lo conosco il tuo sguardo di lotta
quasi di collera
quello poi della resa
prima d'assecondare la legge del piacere
LUI
ora direi che basta
con quella recita
stupida recita dai contorni dolciastri
dal sapore melenso
Ti sei improvvisata regista con i ruoli
in partenza previsti
primario il tuo
il mio da comparsa
Ti sei data la parte bella
la mia da oggetto e contorno
Ma ora tocca a me fare di te quello che voglio
credo sia proprio quella
la cosa che ti aspetti
Vedrai cosa farò
te ne accorgerai
Hai avuto ragione
comincia a piacermi!
LEI
lo so che
per un po'
ancora
mi odierai
per essere caduto nella trappola tesa
Non sentirti padrone del proprio volere
- cosa che non sopporti -
è disfatta per te del tutto inaccettabile
che mi farai pagare facendomi godere
con dolore
con rabbia
con acuto piacere
Tutto questo lo so
lo prevedo ogni volta
come una sinfonia
crudele e sontuosa
LUI
ti sento rigida
ancora
tra le mie mani
vorresti far durare quel momento di svolta
in cui dalle parole
si passa
finalmente alle mosse frementi
Invece
a questo punto
mi prende una febbre e se non lo capisci
sei proprio deficiente
Credo ti piacerebbe in fondo
che ti picchiassi
che ti facessi male
che ti prendessi lì
di brutto
da uomo delle caverne
LEI
un gesto
tenero
so pure lo avrai
passata l'esplosione
il fuoco
l'alluvione
ora spento l'incendio
chiuse le dighe alte del fiume straripante
Piano
all'orecchio
dirai il mio nome
ancora lo dirai
e lo ripeterai
più volte più volte
come una litania di fronte alla vittoria
come una bestemmia lanciata alla disfatta
LUI
passata la tempesta
che in noi ha svegliato
anzi risvegliato
una forza assopita
perfino la violenza
che credevo smarrita
srotolato il crescendo d'una lotta selvaggia
una dolcezza estrema
quasi lo sfinimento che spenge la corrente
infine è subentrata
intrisa di languore e di parole sceme
Nemmeno mi vergogno
di sentirmi sconfitto
ed insieme vincente
in una nebbia fitta
LEI
e poi sprofonderai in un ampio letargo
incollato a me
e come me grondante
di umori sudore
esausti ambedue
Ti addormenterai
stanco
sognante
bambino viziato accanto al suo giocattolo
appena strapazzato
Occhi aperti
io
a cercare nell'ombra
dell'alba appena giunta il punto della svolta
ogni volta uguale ed insieme diverso
ove s'è consumato come candela viva
il nostro teatrino
LUI
dietro le palpebre
che ogni tanto sbatto
vedo che anche lei
ormai riconciliata con la solita giostra
che fa girare il mondo
mi guarda di soppiatto
pensando che io dorma
fragile cosa sua
nel vibrante silenzio di quell'intensa notte
Mi sento sprofondare
ora in un abisso
scivoloso sognante
la sua carne
dolce cuscino mi culla
mi protegge
e sotto la mia mano
la sua pelle liscia
mi porta a filo d'acqua
LEI
nel tenue chiarore che a quest'ora
filtra dalle persiane chiuse
due gisants côte à côte di marmo opalescente
i nostri due corpi
ora
disintrecciati
pesante la tua testa
sul mio braccio dolente
che non oso spostare per non farti svegliare
Meno male
non fumi
rito dopo il rito
invece te ne vai
in un mondo lunare
in cui non ti raggiungo
distanze siderali di nuovo tra di noi
ad alzare barriere
LUI
(Dorme)
LEI
disteso
il tuo volto
liscio
sembri felice
i capelli arruffati
sparsi sulla fronte
mi viene quasi voglia di sistemarteli
ma la paura è troppa
di nuovo
di gualcire la tela
ove s'iscrive
per un po'
del raccolto raggiunto il punteggio
raccolto mai sicuro
Basta una grandinata
o sopra la radura il morso dell'estate
per sciupare gli ulivi il grano oppure l'uva
Ora ti sei spostato
il mio braccio è libero
insieme alla mente
LUI
la sento respirare
ha mosso il suo braccio
chi sa forse russavo
Ha voluto svegliarmi
ma non è molto chiaro
se lo penso o lo sogno
Ora mi sto girando
cercando del cuscino il suo lato più fresco
Divisi i nostri corpi
dalla trincea oscura che separa le anime
quando
spento l'ardore
torna tutto "normale"
Ora devo dormire
mi aspetta domani una giornata cupa
di intenso lavoro
Buona notte amore
ma tu non m'hai sentito
l'ho detto troppo piano
LEI
come sarà
la faccia
che mostrerai domani?
Non ci voglio pensare
perché già la conosco
per averla scoperta altre mattine stanche
Come sarà la mia
se tu la guarderai
o soltanto chiederai
"è finito lo zucchero?"
Qualcosa rimarrà
dell'ebbrezza sopita?
Ci riconosceremo nella nebbia leggera
che ancora galleggia intorno ai nostri corpi
e ci fa prigionieri?
Ti sento già
"Buongiorno a te mia cara
dormito bene?
Ci prepari un caffè?"