EDITH DZIEDUSZYCKA, POESIE INEDITE DA L’IMMOBILE VOLO CON IL PUNTO DI VISTA DI GIORGIO LINGUAGLOSSA, LA VITA È UNA SERIE DI COLLISIONI CON IL FUTURO, IL DECADIMENTO DELLE CATEGORIE PSICOLOGICHE, LE PSICOLOGIE TENDONO ALLA PSICOSI, L’IO È STATO RIDOTTO A NUDA VOCE

Giorgio Linguaglossa 

edith dzieduszycka diario-di-un-addio-sogno

«Le categorie psicologiche… sono diventate categorie politiche. Le tradizionali linee di demarcazione tra psicologia da un lato e filosofia politica e sociale dall’altro, sono state rese antiquate dalla condizione dell’uomo della nostra epoca: processi psichici un tempo autonomi e identificabili vengono assorbiti dalla funzione dell’individuo nello stato – dalla sua esistenza pubblica. Problemi psicologici diventano problemi politici: il disordine individuale rispecchia più direttamente di prima il disordine dell’insieme, e la cura del disturbo personale dipende più di prima dalla cura del disturbo generale. L’epoca tende al totalitarismo anche dove non ha prodotto stati totalitari. Fu possibile elaborare e praticare una psicologia come disciplina particolare finché la psiche fu in grado di contrapporsi al potere pubblico, finché vi fu una vera vita privata, realmente desiderata e in grado di creare da sé le proprie forme».

 

(Herbert Marcuse,  Eros and Civilisation, 1955, trad it. Eros e Civiltà, Einaudi, 1964 p. 47)

 

Ortega Y Gasset ha scritto: «La vita è una serie di collisioni con il futuro: non è una somma di ciò che siamo stati, ma di ciò che desideriamo essere. L’uomo è l’essere che ha assolutamente bisogno della verità e viceversa, la verità è l’unica cosa di cui l’uomo ha essenzialmente bisogno, il suo unico bisogno incondizionato»2; ma potremmo anche capovolgere il suo assunto affermando che l’uomo è l’essere che non ha assolutamente bisogno della verità, la verità è l’unica cosa di cui l’uomo non ha assolutamente bisogno.

 

La problematica che Edith Dzieduszycka affronta in questo libro è esattamente questa: è possibile vivere autenticamente nel freudianoPrincipio di realtà? È possibile un barlume di felicità nell’ambito del freudiano Principio di piaceredelle odierne società occidentali evolute a capitalismo dispiegato e a repressione invisibile e capillare? È possibile pensare e parlare in maniera autentica nell’ambito della categoria della «confessione» e del «monologo interiore» e del «flusso di coscienza»? E, in ultimo, è possibile l’elaborazione dello stesso pensiero cosiddetto libero costretto entro il circolo ermeneutico del discorso rivolto ad un interlocutore? Ad un interlocutore risponditore?. Domande inquietanti, dalla profondità abissale che ci portano nel cuore del problema dei problemi.

 

Il libro è costituito da due «voci», una maschile e l’altra femminile, ridotte alla «nuda vita».  L’Io è stato ridotto a nuda voce. Due «voci» monologanti, presumibilmente due persone conviventi o sposate dei giorni nostri di un qualsiasi luogo insignificante dell’Occidente evoluto che mettono in opera una «confessione» separata, a compartimenti stagni, in camere separate, blindate dalla incomunicabilità generale. Ciascuna «confessione» avviene nell’ambito del proprio Foro interiore, ciascuna parla a se stessa per  parlare all’altra, ciascuna parla un linguaggio che l’Altro intende benissimo ma che, proprio per questo, lo fraintende e lo equivoca. Perché ciò che aziona le «voci» è la mole invisibile dell’Inconscio. Ecco spiegato il titolo L’immobile volo, in realtà i due Personaggi, le due «voci», pur legate presumibilmente da una contiguità passata e da una relazione intima pregressa, ciascuna, dicevo, è sostanzialmente «immobile», cioè incapace a superare e infrangere lo schermo del Foro interiore, la convenzione sociale della «confessione» e quant’altro. Ergo, ciascuna «voce» è  inetta e infetta,  e falsa, fortificata dalla propria falsità, falsificata dalla falsa coscienza con la quale si presenta la civiltà dell’ordine borghese dei rapporti di produzione e delle forze produttive che ubbidiscono alle regole del mercato e del capitale.

 

Entrambi i personaggi hanno un vissuto, vivono, si strappano le vesti, gridano e si dibattono nei meandri del teatro della «confessione», ma sembrano incapaci di andare oltre di essa,  impossibilitati a varcare le colonne d’Ercole del Foro interiore. Ciò che c’è in interiore homine è in realtà cloaca, falsità, menzogna, ipocrisia, ambiguità, narcisismo, esibizionismo,  in una parola: falsa coscienza e inautenticità. Non si dà alcuna possibilità, come scriveva Adorno, nell’ambito della falsa coscienza di attingere un sia pur lontanissimo frammento di felicità, essendo ogni felicità trafugata un piccolissimo frammento della grande infelicità degli uomini, che gli uomini si negano e negano agli altri loro simili.

 

Dicevo che i due personaggi dzieduszyckiani sembrano trovarsi in stanze separate da una sottile parete, tentano in tutti i modi e con tutte le proprie forze di comunicare, di aprirsi all’altro, ma quello che ottengono è una chiusura e un aumento di chiusura, una iperchiusura. Le pareti del Foro interiore di agostiniana memoria sono diventate pareti di prigione, sono inamovibili, impermeabili ai buoni sentimenti e alla presunta sincerità delle «voci», sono espressioni del regime del presentismo mediatico delle odierne società post-democratiche;  in realtà, ciascuno dei due personaggi organizza una propria strategia per porre in scacco il contendente, quella che si gioca è una partita per il potere e la volontà di potenza, per il vessillo della vittoria da erigere sul catafalco del contendente. È che le categorie psicologiche sono diventate inutilizzabili per la introspezione delle peculiarità individuali delle psicologie, e sono anche inadatte alla spiegazione dei fenomeni politici; le psicologie tendono alla psicosi, ed entrambe sono simultanee e concordanti con lo stato totalitario verso il quale quelle psicologie sono dirette.

 

L’indagine dei rapporti umani è utilissima per la retrospezione della deriva autoritaria di molti paesi dell’Occidente, questo libro della Dzieduszycka rende palese ed evidente come siamo tutti dipendenti da una economia monetaria della libido e degli affetti, la cui regola aurea è: ti do tanto quanto tu dai a me, non di più, e forse di meno. È che gli affetti e le passioni sono nient’altro che idee confuse e prive di mèta, si sono ormai omologati al valore di scambio, e forse è disutile financo indagare dove siano finite quelle passioni e quegli affetti, ma una ragione dovrà pur esserci se sono finite tutte nella rigatteria del rigattiere. Così, l’impossibilità della felicità globale attecchisce e corrode finanche la pur minima possibilità di conquistarsi la più minuscola delle felicità al portatore. E l’erotismo lascia il posto alla volontà di dominio, le passioni al totovincite dei premi organizzati dal marketing delle felicità compossibili, ciascuno infelice in quanto ci si ragguaglia senza remore alla infelicità collettiva.

 

Il lavoro alienato chiama in causa l’alienazione delle passioni e degli affetti e l’infelicità individuale giustifica e spiega l’infelicità globale nella quale siamo tutti irretiti qui in Occidente. I dialoghi della Dzieduszycka rendono vistoso e palese come la riproduzione allargata delle merci e del plusvalore si ripercuota sulla riproduzione allargata dell’infelicità individuale e generale delle moderne democrazie in via di sviluppo verso forme di democrazia totalitaria, dove l’incomunicabilità delle moltitudini sono ben evidenziate dalla incomunicabilità dei personaggi prigionieri in stanze separate, condizione questa omologa e parallela alla incomunicabilità dei due fori interiori.

Le categorie politiche si sono trasmutate in categorie psicologiche, ed anche estetiche, e viceversa. Il postruismo (dizione di Maurizio Ferraris)  e il truismario (dizione mia) sono categorie imperfette e precarie che dalla «nuda vita» (dizione di Giorgio Agamben) sono passate nella sfera psicologica, nella sfera politica e di qui all’estetica; ormai  le categorie sono transitabili, permutabili e mutagene; non c’è nulla di solido in esse, sono precarie, inferme, sono entità mass-mediali, entità ansiolitiche, categorie di plastica che ingolfa il pianeta totalitario. Il mondo è andato in frantumi e alla rovescia ribaltando le categorie che un tempo erano dritte e mandando all’aria le cose statuite. L’ordo rerum del capitalismo sviluppato impone il suo marchio vigoroso sui beni di consumo e sugli uomini, imprimendo sulle loro carni e sulle loro psicologie il sigillo della infelicità coniugale e generale. L’infelicità coniugale è diventata una sorta di epifenomeno della infedeltà e della infelicità generali. E così il disordine  delle menti rispecchia il disordine generale che vige nel regno del capitalismo galoppante. In queste condizioni, parlare di libertà, di felicità e di foro interiore significa partecipare inconsapevolmente o colpevolmente all’imbonimento generale delle masse e favorire la barbarie della civilizzazione ininterrotta.

 

Perché le ferite dello Spirito non guariscono e lasciano vistose cicatrici.

 

1 Ortega Y Gasset , Sull’amore, Sugarco, 1996 p. 76

 

Giorgio Linguaglossa Giorgio Linguaglossa

 

[Pitture di Edith Dzieduszycka]

Edith Dzieduszycka, inediti da L’immobile volo

 

LEI

 


ma sì
lo so
certo che lo so
da tempo, tanto tempo, tempo che non sospetti
forse
ma forse sbaglio
come tu sai – credo – che io so
ma fai finta di nulla
come faccio anch’io,
così entrambi
in un livido vortice
di silenzio

 

.
LUI

 

prevedo che sarà quest’oggi una giornata no
Mi basta il suo sguardo
obliquo
sfuggente
per capire l’umore
l’oscuro meccanismo che di quando
in quando la pervade
la rode
rendendola straniera al decorso normale 
pensa forse “banale” della vita vissuta
In quei casi
sto zitto
aspetto che passi

 

 

    Edith Dzieduszycka

L'IMMOBILE VOLO

 

"... Dissipa

tu se tu vuoi questa debole vita che si lagna,

ma io non ti trovo e non so dissiparmi. Dissipa

tu se tu puoi, se tu sai. se ne hai il tempo

e la voglia, se è il caso, se è possibile, se

non debolmente ti lagni, questa mia vita che

non si lagna. Dissipa tu la montagna che m'impedisce

di vederti o di avanzare; nulla si può dissipare

che già non sia sfiaccato. Dissipa tu se tu

vuoi questa mi debole vita che s'incanta ad ogni passaggio di debole bellezza; dissipa tu

se tu vuoi questo mio incantarsi, - dissipa tu

se tu vuoi la mia eterna ricerca del bello e del buono e dei parassiti......."

 

La libellula

Panegirico della libertà

Amelia Rosselli

 

LEI

 

ma sì

lo so

certo che lo so

da tempo, tanto tempo, tempo che non sospetti

forse

ma forse sbaglio

come tu sai  - credo - che io so

ma fai finta di nulla

come faccio anch'io,

così entrambi

in un livido vortice

di silenzio

 

 

LUI

 

prevedo che sarà quest'oggi una giornata no

Mi basta il suo sguardo

obliquo

sfuggente

per capire l'umore

l'oscuro meccanismo che di quando

in quando la pervade

la rode

rendendola straniera al decorso normale 

pensa forse "banale" della vita vissuta

In quei casi

sto zitto

aspetto che passi

 

 

LEI

 

ti dirò mai

un giorno

quello che all'interno in fondo 

a qualche botola

ogni giorno accumulo e mescolo

e giro

e schiaccio

per far posto ad altro che verrà

Ingredienti che si congiungono o si respingono

con disgusto amaro

che mai sospetteresti mi abitassero

inquilini potenti

del mio condominio

dalle finestre

chiuse

 

 

LUI

 

non si accorge

lei

che mi accorgo

io

dei suoi stati d'animo per cui sono sicuro

che sia convinta

lei

di vivere insieme ad un essere cieco

un uomo senz'acume né sensibilità

una persona rozza

ma forse ha ragione, non posso sempre stare dietro

ai suoi umori

ai suoi capricci

al suo mutismo

né passare il mio tempo a chiedermi perché

oggi

mi fa il broncio

 

 

LEI

 

da tanto tempo

dunque

nemmeno saprei dire esattamente

quanto

- perché

ora emerge?

perché

ora di più? -

s'incrociano - che dico - lungi dall'incrociarsi

parallele

diramano

su sentieri vicini

le nostre due strade senza mai incontrarsi

in seno alla foresta del non-detto

Soltanto all'orizzonte

fanno finta 

d'unirsi

 

 

LUI

 

non saprei calcolare con molta precisione

da quando è scattato

quell'andazzo perverso

Ha cominciato

lei

a staccarsi

sfuggente?

O sono stato io

a sentirmi estraneo

un poco alla volta

al trantran quotidiano

per lo più prevedibile del grigio condividere

giornate  mesi anni

ognuno prigioniero dei propri pensieri

ricordi e rimpianti

 

 

LEI

 

ieri mi è nata

- chi sa perché accadono

pensieri  eventi cose

un certo giorno

proprio quello e non un altro?- 

Ieri

irrefrenabile

e per me inconsueta

quasi miracolosa ma piuttosto assurda

mi è venuta

dunque

la voglia di parlarti

chi sa

forse di noi

di dirti delle cose che ancora non so

ritrovare parole

smarrite au fil des jours

frasi da imbastire come lembi strappati

che non riesco più

adesso a ricucire?

 

 

LUI

 

oggi mi sembra strana un po' più del previsto

Mi ha guardato

prima

con insistenza

ed insieme incertezza

Questa volta 

però 

mi è parso diverso

direi insolito

quel modo un po' di sbieco

di lanciarmi occhiate

Come se volesse farmi capire

qualcosa

- che poi non ho capito

ma devo confessare di avere provato poco -

Sembrava impaurita, sarà mica incinta?

Ma non ci voglio credere

sa bene che

per me... 

l'argomento è chiuso

 

 

LEI

 

certe volte

vorrei

con te volare

più in alto

parlare di anima

o di morte

o di vita

di quelle cose stupide

di cui non si sa nulla

cose che non si toccano

né si vedono

né si mangiano

"Cose dell'altro mondo"

tu mi rispondi spesso con tono ironico

Ci ho provato a volte

sempre pentendomi per esserci cascata

Argomenti tabu

forse hai ragione

banalità

frase fatte e ritrite

su di loro sappiamo e soltanto

di solito sgranare

 

 

LUI

 

la coglie

di traverso

una sciocchezza detta

facendola cadere in un muso profondo

Ad intervalli brevi

la tormenta una smania

vuole filosofare

tira fuori concetti e discorsi astratti

La prendo poi in giro

questo la manda in bestia

ed il mio rifiuto di stare al suo gioco

la chiude a ricciolo dentro una fortezza

Dopo

quasi mi pento

la vorrei consolare

confessare 

"Io perfino

attraverso momenti

di dubbi e vague à l'âme

 

 

LEI

 

sento però

salire

quella voglia

malata

di aprire la botola

dall'aria rarefatta e sentori di muffa

in cui contorti strisciano

e s'aggrovigliano

larve

sul fondo viscido e claustrofobico

i rinchiusi pensieri

ormai assuefatti

a quella vita

grama

di torpore

a quella vita che addosso

ci sta appiccicata

sempre sia quella

vita

 

 

LUI

 

però devo sapere

se quel mio pensiero è l'ipotesi giusta

me ne deve parlare

sono cose urgenti, non c'è tempo da perdere

Non riesco a chiederle se quella

è la causa

del suo atteggiamento

quasi colpevole

Se sarò troppo brusco

lei si richiuderà

e per un giorno

due  quattro

chi sa quanti

non si sbottonerà e staremo

allo stallo

Una bella fatica

sopportare le donne

tentare di capirl

 

 

LEI

 

hai fiutato

- mi sembra -

questo mio impulso - senza una ragione

privo d'ogni volere ma

non ci giurerei -

impulso forse cosciente giacché mi capita di volerti

stupire

a volte

provocare

Così proprio ieri

trasmissione bizzarra

altro

mi sei sembrato

altro da te

non oso dire strano

tanto quella parola

possiede 

un ché di vecchio

consunto

quasi scontato

 

 

LUI

 

aspetterò un giorno

o due

ma non di più

intanto ho il mio da fare

non posso rimanere appeso al suo volere

Farò finta di niente

col passare del tempo qualcosa verrà fuori

A volte basta poco

per socchiudere l'urna in cui galleggia

qualcosa di inespresso

Mi mostrerò paziente

questo la stupirà, sarà quasi un gioco

vedremo chi dei due per primo

cederà

Anche questo

in fondo

fa parte della trappola

 

 

LEI

 

Infatti

ieri

- ripeto perché ieri? -

quel giorno era banale

direi qualsiasi

senza nastro o medaglia

per tenerlo a memoria

Avevamo cenato alla solita ora

unica novità

avevo preparato

- da mo' non la facevo -

una trota al limone come piace a te

e per la prima volta

messo il mio vestito a scaglie

da sirena

- non l'avevi mai visto -,

vino bianco 

frizzante

dentro i calici di vibrante cristallo

e poi altri dettagli

 

 

LUI

 

Mi ha fatto trovare

la sera

al mio ritorno

imbandito il tavolo 

come per una festa

lei direi molto sexy

in un vestito nuovo piuttosto

provocante

Penso d'aver sbagliato la mia congettura

Se fosse stata giusta la mia ipotesi

non avrebbe ordito una tale messa in "cena"

Non mi sono espresso

ma è stato un sollievo

M'intriga ogni tanto il suo verso imprevisto

sarà credo per questo

che sto con lei ancora

Oscuro

ambiguo lato

che forse mi attrae

gioco delle scale da scendere e salire

 

 

LEI

 

una tovaglia fresca

odorosa di bucato

sul tavolo rotondo accanto alla finestra

Invece sul carrello

un vassoio di lacca

con calici  bottiglie

un mazzo di lillà dai sentori d'infanzia

In sordina gemevano

in preda a Metamorfosi

i ventitre violini

Ho scoperto con gioia

che anche a te piacciono

Era tutto perfetto

era stucchevole

quasi mi vergognavo

un'immagine kitsch da corriere del cuore

Prevedevo il tuo ghigno

lo davo per scontato

ma ti sei trattenuto

forse avrai capito che ti aspetto

al varco

 

 

LUI

 

devo però ammettere che

conciata così

sei piuttosto arrapante

- quasi non ricordavo -

pure un po' patetica

vista la cosa

a mente fredda

Scommetto che nel bagno

per completare il quadro hai acceso candele

Vado a controllare 

Invece non ci sono, delusione!

ora ti tolgo un punto

A parte quel dettaglio non manca proprio

niente

avrai letto "Eva Nuova"

Ma mi viene un sospetto

forse il tuo scopo è prendermi in giro

recitando

sulfurea

la parte dell'allumeuse?

Aspetto lo strip-tease

 

 

LEI

 

da festeggiare dunque

non c'era proprio nulla

nulla che in mente mi salti

santo o compleanno

ricorrenza in agguato

Eravamo da soli

tu

io

e basta

però mi è sembrato

per una volta consci d'essercene accorti

di aver fatto tilt

anche parlando piano

e in modo garbato

della pioggia in arrivo

dell'aumento del gas

del frigo da comprare

degli ultimi sbarchi sulle coste nostrane

ma niente sul perché

della cena imprevista

 

 

LUI

 

ora mi viene un dubbio

fosse la ricorrenza del nostro primo incontro?

Quella del primo bacio

mi sembra troppo poco

del nostro primo viaggio?

Camere prenotate

due

in un albergo di cui 

una

deserta

Di ghiaccio nella prima

il letto

di fuoco nella seconda

La data del matrimonio

quella me la ricordo

non era ieri giorno né oggi né domani

Sarà stato un capriccio

perché no

me lo godo

anche se con un'ombra di leggera vergogna

 

 

LEI

 

a cosa

stai pensando in questo preciso istante?

Domanda stupida

degna d'una risposta a volte

infastidita

raramente sincera

Non te l'ho chiesto mai

penso l'avrai notato e  - spero - 

apprezzato

Neanche tu del resto

e va bene così

Dobbiamo inventare 

immaginare

intuire

ma non è facile

Non sono libri aperti

a volte

certi volti

sono scrigni segreti

dalla chiave nascosta

 

 

LUI

 

punto interrogativo

ora

il suo viso

La conosco oramai 

- direi - 

a menadito

si chiede come ho accolto la sua iniziativa

questo farmi trovare una scena 

bizzarra

un gioco da bambina

come quando

da piccola

- me l'ha  raccontato lei -

con le sue amiche

imitando le mamme sistemavano 

piatti, posate da dinette

invitandosi a turno a prendere un tè o 

una pasta finta

 

 

LEI

 

Cosa mi aspettavo da quella mossa idiota

da rotocalco becero?

Svegliarti

farti uscire con i soliti mezzi

dal tuo stato cronico di sornione torpore

dal tuo lungo letargo?

Dell'albero la scossa per far cadere

il frutto?

Con l'aiuto del corpo per svegliare la mente

e quello della maschera

per suscitare la voglia di curiosare

dietro?

A cosa stai pensando?

Non esiste mistero

insondabile...

buio

come l'altrui pensiero

che non si vuole svelare

 

 

LUI

 

vorrei proprio sapere in quel preciso

istante

cosa ti frulla in testa

Non te lo chiederò

molto più bello 

il gioco

quando resta segreto

Vuoi fare la civetta?

Alla tua età?

Ti sei fatto un amante e vuoi dare

il cambio?

Forse ti sei stancata della solita solfa

ripassando a pennello con colori sgargianti

coprendo di fiori la bara

polverosa dei giorni

troppo grigi?

Se mi fai tenerezza oppure un po' pietà

ancora

non l'ho capito

 

 

LEI

 

su di me ho sentito

come un soffio leggero

- invece era la brezza

forse

l'ala distesa d'un immobile volo -

posarsi il tuo sguardo

il primo che ricordi da tanto

troppo tempo

sguardo ambiguo

del tipo che ti fa

a secondo del giorno

dell'ora

dell'umore

sentire come ragno

di quelli disgustosi che vorresti schiacciare

fermi sulla parete a tessere la tela

oppure come dea

dall'aria luminosa e dal potere occulto...

Vai a sapere quale?

 

 

LUI

 

confesso che stasera non ti ho solo vista

ti ho pure osservata

ne valeva la pena

È che talvolta

sfugge

quel che davanti

a lungo ripetuto

diventa trasparente

E mi sono accorto senza darlo a vedere

che questo mio sguardo

- hai fatto finta di niente -

è giunto fino a te

L'ho subito capito e mi ha divertito

quel tuo non fidarti

Giacché spesso ti lascio

apposta 

- credo lo sai - 

nel dubbio

sul decorso dei pensieri

miei nascenti

e sempre trattenuti

 

 

LEI

 

è stato come un lampo

breve e già il tuo occhio

su altro

si posava

acqua colpevole di non bagnare più

ma tempo di quel lampo

- non mi sono sbagliata -

era stato curioso

e vivo

quello sguardo

freccia ambigua  sguardo del ricordo

dello slancio  del tuffo

delle tende tirate

come se tu volessi  sull'orlo di un pozzo

sondare quanto è profondo e quali scheletri

dentro vi si sfarinano

diventando pietanza dal gusto

ormai scordato

ma pronto a rispuntare

 

 

LUI

 

e va bene

ora basta

Hai fatto uno sforzo per mostrarti

carina

farmi una sorpresa 

una buona cenetta

se fossi perfido

direi 

una "cena elegante"

ma di cattivo gusto sarebbe

mi astengo

Hai voluto offrirmi

- non so perché - 

un ritorno ai tempi in cui senza parlare

tutto capivamo

dei nostri sentimenti

dei nostri desideri

dei problemi che inevitabilmente

sorgevano a volte

subito superati da una notte folle

 

 

LEI

 

mi è sembrata

allora

quasi indagatrice l'ombrosa curva nera

del tuo sopracciglio 

- dico tuo -

sopra l'occhio di stagno

poco tempo

davvero

il tempo di versarsi di vino un altro goccio

E' rimasto per aria

quel moto di allerta

regalando al tuo viso un'espressione

buffa

appena un po' sbilenca

dubbiosa poi rinchiusa

come fossi scampato ad un pericolo

nascosto tra le pieghe di un ignoto bivio

 

 

LUI

 

e ora che facciamo?

Credo di aver capito la sua strategia

è abbastanza ovvia

Vuole coinvolgermi

farmi penetrare nella sua scacchiera

Ora devo decidere quale cammino

scegliere

Ha di bello

quel gioco

ma talvolta di storto

che non si può sapere

in anticipo

mai

chi vince la partita

No

non gliela farò vincere

senza che lei capisse che non ci sono cascato

come un pollo spennato

 

 

LEI

 

nello stesso istante

coincidenza

lontane risuonarono dalla finestra aperta

nate

cresciute

da struggente bandoneon

le note

un po' lagnose

sovrastando il CD d'un tango argentino

L'avevamo ballato

con ardore

con strenue languore

spesso - lo rammenti? - 

nelle torride ore d'un'estate smarrita

nel tempo del sorriso che

adesso infiora

d'una tenue luce

il tuo labbro carnoso

 

 

LUI

 

scherzi del destino.

l'avrà prenotata

la musica struggente di quel vecchio tango

di Piazzolla il mago

musica sulla quale

un tempo

avevamo ballato?

Dalla finestra aperta ci salgono le note

strascicate

lascive di quella melodia

forandoci la pelle

Musica sensuale

che nelle nostre vene

come sangue era corsa

e che oggi ancora

dentro di me sento salire

e sciogliersi

potenza del ricordo

 

 

LEI

 

ricordavi tu pure dunque

lo intuivo

l'intreccio sensuale

delle nostre gambe

e delle nostre pance

fuse

avvinghiate

che faceva un tutt'uno snervante

carico di attesa

e desiderio

Nel ritmo si fondevano scattanti e docili

e sciolte

le nostre mosse come nel vento

flusso

e riflusso dell'onda

 

 

LUI

 

perché dovrei lottare contro quell'onda

calda

che mi sta invadendo?

Non sono masochista fino a questo punto

Mi propone una notte

parentesi piacevole alla monotonia

Sarebbe poco furbo

davvero

rifiutare

e perché poi

in nome di quale sciocca inerzia

quell'offerta imprevista

Non è detto che sia ridicolo

per forza

il sesso stagionato

 

 

LEI

 

certo era ieri

un altro giorno è oggi

anche se

nuovamente come ieri a tavola

ti vedo

ti osservo

ti leggo a libro aperto e spio la scintilla

bolla

iridescente

fuggitiva

incerta

di quelle che nel buio ai lati della strada

fanno brillare

in un lampo fugace i fari della macchina

fendendo la bufera

rovi polverosi

arbusti rinsecchiti

 

 

LUI

 

ora seguo il corso di quel momento

mite

perfino sdolcinato

che in fondo mi piace

ma non glielo dirò

Perché non deve credere

neanche illudersi di condurre il ballo

Lo sa

che tocca a me iniziare le danze

ma se per una volta

mi concedo e ballo sullo spartito suo

non dovrà trasformarsi

questa sottile mossa

in qualche precedente

Credo ci troverò

- comunque lo prevedo -

un giusto tornaconto

 

 

LEI

 

ti vedo

ti osservo

per me sei sempre bello

lo dico con rimpianto

avrei tanto voluto trovarti

un difetto

un tanto di calvizie

la pelle granulosa

le gambe un po' storte

o la pancia sporgente

magari un dettaglio a me soltanto noto

da te forse nemmeno

Di poco sei cambiato

e perfino quel poco ti lambisce a pennello

ora però stasera

mi sento un po' bizzarra

- avrò bevuto troppo? -

Mi costringo alla calma

mi presento serena ma ti vorrei strozzare

 

 

LUI

 

il tango è finito

le Metamorfosi sfumate anche loro

nella morbida sera 

Percepisco un silenzio

denso come groviglio

Sta diventando tiepido dentro l'alta bottiglia

un avanzo di vino

hai portato un gelato   l'hai servito in coppe

annaffiato di panna

E mentre tu lo mangi

leccandoti i baffi di cioccolata nera

mi guardi

mi scruti

come un mercante in fiera

dal giudizio severo

che punta al cavallo più ruspante e potente

A tal punto sfrontato

il tuo osservarmi

che mi sento avvolto

come da una fiamma

 

 

LEI

 

proprio strozzare

basta poco

davvero

per di colpo cambiarci in bestie omicide

Credo si chiami raptus

quell'impulso violento

quasi incontrollabile

che sai di dover stringere dietro un argine

L'iter è fare finta

rimanere nel solco

perfino sprofondarci

Così  ti ho sorriso

un sorriso solare

quello delle stagioni felici della storia

sei sembrato sorpreso

forse ti aspettavi una lunga valanga

rimproveri

accuse?

 

 

LUI

 

una gelida fiamma

perché nel tuo sguardo all'improvviso

cupo

ho percepito al volo

spaventato

una traccia di odio 

fino ad allora ignota

Così veloce è stata

che m'è venuto il dubbio di avere sbagliato

colpa dell'ombra

scesa

subdola

sulla sera

Infatti  subito

nella luce rosata del sole al tramonto

si è illuminato il suo viso

- sorpresa non da poco -

in un largo sorriso

All'improvviso

radioso il tuo volto

 

 

LEI

 

hai sorriso anche tu e sembrava sincera 

- non a mezza asta

come spesso -

l'espressione irradiata sul tuo volto aperto

Sarà stato sollievo

per averla scampata

ad una tiritera

di quelle che a volte mio malgrado o no

t'infliggo

quando amara

colma

traboccante

pesa la mia coppa

Non sfuggente adesso il tuo sguardo

diretto

anzi penetrante

l'ho sostenuto a lungo

e provato nel corpo un'onda di desiderio

come di braciere

sopito in un nido di cenere

 

 

LUI

 

come ha fatto adesso a passare in un lampo

dall'ombra

alla luce

la luce solare di un sorriso?

Quale sorriso poi!

È stato calcolo

cambio spontaneo dovuto ad un pensiero

fiorito all'improvviso?

Sorprendermi

sarà il suo perfido scopo?

Infatti

lo confesso

mi aspettavo invece

un diverso sviluppo

dopo l'occhiata nera e quasi assassina

Riflesso condizionato 

ho sorriso anch'io

 - temo come uno scemo -

ghermito all'improvviso in una ragnatela

Mi sento raggirato e perfino 

sconfitto

 

 

LEI

 

da così tanto tempo

questo non accadeva che mi sono sentita in colpa

frastornata

Contrastarla dovrei

quell'onda malandrina

reprimerla sul nascere o passiva raccoglierla 

lasciarmi penetrare?

Credo tu abbia intuito

comunque

percepito la mia incertezza

Hai ripreso in mano la coppa

e l'hai alzata

con un tuo gesto ampio

come a voler irridere la farsa condivisa

Un filo ironico

difatti

questo nuovo sorriso

Ti conosco e so

che mai vuoi darti vinto in quella lotta subdola

che ci vede a confronto

con armi sempre alzate

 

 

LUI

 

so bene

ogni volta

come va a finire

tutti e due sappiamo

che quella è la strada

scontata  banale

anche se non esente da attrattive

anzi  direi di più

perché sono momenti di grande godimento

e migliori ancora

se non si conoscesse

in partenza

l'iter della faccenda

A volte mi domando:

ma sarò io  normale?

Cos'è che mi trattiene sull'orlo di quel gioco

come se lo guardassi

dall'alto con compassione?

Un altro po' di vino

purtroppo tiepido

e basta con i rovelli!

 

 

LEI

 

di tenue sfumature e di silenzi grigi

si può

a lungo vivere

anzi

trovare l'angolo dimesso nella cuccia dove stare

al riparo da temute tempeste

Ci si può stendere

adagiare

sereni

e perfino gustare il tempo senza scosse

tra una scossa e l'altra

Basta non indagare gli oscuri meandri

che serpeggiano fitti nell'antro trascurato

Basta non ascoltare le voci

ostinate

che tentano di giungere

per niente rassegnate

alla coscienza pigra

 

 

LUI

 

basta con i rovelli

si fa presto a dirlo dopo mesi d'inerzia

e doppia solitudine

- così mi sembra almeno -

in cui per conto proprio

ognuno vivacchiava

non male per carità

in una bolla bigia

Davanti si stendeva una vita tranquilla

monotona

direi asettica

adagiata ormai su un carro oleato

senza scosse né sassi

Si è stancata lei

io non ci pensavo

Ha avuto ragione

ora la mossa è mia

però il mio timore è perdere la faccia

 

 

LEI

 

ma bisogna volerlo ed è questo lo scoglio

ché non sono sicura

infatti di volerlo

Forse

come a te

piace quell'incertezza

quelle mosse bizzarre

in cui siamo vittime e duri predatori

In quel gioco

può darsi 

risieda la nostra arma

l'arpa magica forse

sulla quale suonare il solito spartito

sempre ricominciato

uguale eppur diverso

partita sempre muta

la Regina

il Re

intorno le pedine

che non contano nulla

 

 

LUI

 

questo è il momento

fluttuante  incerto

in cui arriva al pettine il nodo aggrovigliato

Lo si dovrà sciogliere con movimenti lenti

e lontane parole 

oppure con un balzo di felino affamato

Ancora non ho deciso la tattica migliore

mi sa neanche lei

Siamo qui

faccia a faccia

galleggia tra di noi una nebbia d'argento

una specie di velo

che ci protegge

ancora

dalle mosse sbagliate

lentezza esagerata

o precipitazione

movimenti maldestri

 

 

LEI

 

hai posato il bicchiere

vuoto

piano piano e poi ti sei alzato

Segnavano

sul muro

i raggi del tramonto

l'ombra tua

gigante

Di bigia seta cruda

le tende alla finestra aperta sul giardino ondulavano 

molli nella brezza serale

Il tiglio

ora maturo

distillava i sentori soavi dei suoi fiori

profumo inebriante

che su di me produce un torpore sognante

Hai fatto pochi passi

intorno al tavolo

 

 

LUI

 

lasciando i bicchieri ha portato in cucina

piatti  posate coppe

s'è chinata sul lilla con un lungo respiro

ha tirato le tende

lasciando la finestra leggermente socchiusa

perché potessero penetrare

ancora

i profumi della notte

Ostinato

frignava un grillo

ormai di casa all'angolo del muro

Ha acceso la lampada dall'abat-jour avorio

e tornando a sedersi

ha abbozzato

un gesto

verso di me

in piedi

 

 

LEI

 

nel cavo della mano

hai raccolto il mio volto

verso di te alzandolo ad un dito dal tuo

con un gesto brutale

dell'altra mano libera

hai fatto roteare la sedia scricchiolante

Ora

le tue mani intorno alla mia vite

mi hai fatto alzare

dritta

di fronte a te 

Cupo il tuo sguardo

perfino arrabbiato

Bene lo conosco il tuo sguardo di lotta

quasi di collera

quello poi della resa

prima d'assecondare la legge del piacere

 

 

LUI

 

ora direi che basta

con quella recita

stupida recita dai contorni dolciastri 

dal sapore melenso

Ti sei improvvisata regista con i ruoli

in partenza previsti

primario il tuo

il mio da comparsa

Ti sei data la parte bella

la mia da oggetto e contorno

Ma ora tocca a me fare di te quello che voglio

credo sia proprio quella

la cosa che ti aspetti

Vedrai cosa farò

te ne accorgerai

Hai avuto ragione

comincia a piacermi!

 

 

LEI

 

lo so che

per un po'

ancora

mi odierai

per essere caduto nella trappola tesa

Non sentirti padrone del proprio volere 

- cosa che non sopporti -

è disfatta per te del tutto inaccettabile

che mi farai pagare facendomi godere

con dolore

con rabbia

con acuto piacere

Tutto questo lo so

lo prevedo ogni volta

come una sinfonia

crudele e sontuosa

 

 

LUI

 

ti sento rigida

ancora

tra le mie mani

vorresti far durare quel momento di svolta

in cui dalle parole

si passa

finalmente alle mosse frementi

Invece

a questo punto

mi prende una febbre e se non lo capisci

sei proprio deficiente

Credo ti piacerebbe in fondo

che ti picchiassi

che ti facessi male

che ti prendessi lì

di brutto

da uomo delle caverne

 

 

LEI

 

un gesto

tenero

so pure lo avrai

passata l'esplosione

il fuoco

l'alluvione

ora spento l'incendio

chiuse le dighe alte del fiume straripante

Piano

all'orecchio

dirai il mio nome

ancora lo dirai

e lo ripeterai

più volte  più volte

come una litania di fronte alla vittoria

come una bestemmia lanciata alla disfatta

 

 

LUI

 

passata la tempesta

che in noi ha svegliato

anzi risvegliato

una forza assopita

perfino la violenza

che credevo smarrita

srotolato il crescendo d'una lotta selvaggia

una dolcezza estrema

quasi lo sfinimento che spenge la corrente

infine è subentrata

intrisa di languore e di parole sceme

Nemmeno mi vergogno

di sentirmi sconfitto

ed insieme vincente

in una nebbia fitta

 

 

LEI

 

e poi sprofonderai in un ampio letargo

incollato a me

e come me grondante

di umori sudore

esausti ambedue

Ti addormenterai

stanco

sognante

bambino viziato accanto al suo giocattolo

appena strapazzato

Occhi aperti

io

a cercare nell'ombra

dell'alba appena giunta il punto della svolta

ogni volta uguale ed insieme diverso

ove s'è consumato come candela viva 

il nostro teatrino

 

 

LUI

 

dietro le palpebre

che ogni tanto sbatto

vedo che anche lei

ormai riconciliata con la solita giostra

che fa girare il mondo

mi guarda di soppiatto

pensando che io dorma

fragile cosa sua

nel vibrante silenzio di quell'intensa notte

Mi sento sprofondare

ora in un abisso

scivoloso  sognante

la sua carne

dolce cuscino  mi culla

mi protegge

e sotto la mia mano

la sua pelle liscia

mi porta a filo d'acqua

 

 

LEI

 

nel tenue chiarore che a quest'ora

filtra dalle persiane chiuse

due gisants côte à côte di marmo opalescente

i nostri due corpi

ora

disintrecciati

pesante la tua testa 

sul mio braccio dolente

che non oso spostare per non farti svegliare

Meno male

non fumi

rito dopo il rito

invece te ne vai

in un mondo lunare

in cui non ti raggiungo

distanze siderali di nuovo tra di noi

ad alzare barriere

 

 

LUI

 

(Dorme)

 

 

LEI

 

disteso

il tuo volto

liscio

sembri felice

i capelli arruffati

sparsi sulla fronte

mi viene quasi voglia di sistemarteli

ma la paura è troppa

di nuovo

di gualcire la tela

ove s'iscrive

per un po'

del raccolto raggiunto il punteggio

raccolto mai sicuro

Basta una grandinata

o sopra la radura il morso dell'estate

per sciupare gli ulivi  il grano oppure l'uva

Ora ti sei spostato

il mio braccio è libero

insieme alla mente

 

 

LUI

 

la sento respirare

ha mosso il suo braccio

chi sa  forse russavo

Ha voluto svegliarmi

ma non è molto chiaro

se lo penso o lo sogno

Ora mi sto girando

cercando del cuscino il suo lato più fresco

Divisi i nostri corpi

dalla trincea oscura che separa le anime

quando

spento l'ardore

torna tutto "normale"

Ora devo dormire

mi aspetta domani una giornata cupa

di intenso lavoro

Buona notte  amore

ma tu non m'hai sentito

l'ho detto troppo piano

 

 

LEI

 

come sarà

la faccia

che mostrerai domani?

Non ci voglio pensare

perché già la conosco

per averla scoperta altre mattine  stanche

Come sarà la mia

se tu la guarderai

o soltanto chiederai

"è finito lo zucchero?"

Qualcosa rimarrà

dell'ebbrezza sopita?

Ci riconosceremo nella nebbia leggera

che ancora galleggia intorno ai nostri corpi

e ci fa prigionieri?

Ti sento già

"Buongiorno a te  mia cara

dormito bene?

Ci prepari un caffè?"