Scomposizione e Ricomposizione dei «frammenti» di due poesie di Steven Grieco Rathgeb e Mario M. Gabriele ad opera di Ubaldo de Robertis e Giorgio Linguaglossa con un Commento di quest’ultimo – Siamo davanti ad una mutazione genetica della poesia contemporanea, ad un mutamento ontologico della Forma poetica. La scrittura per «frammenti». Che cosa significa?

 

Giorgio Linguaglossa
Madonna_ft__Andy_Warhol_by_Coralulu

 

Giorgio Linguaglossa

Vorrei scagliare una freccia in favore della scrittura per «frammenti». Che cosa significa? E perché?

 

La poesia di Mario Gabriele per certi versi esemplifica bene un particolare modo di scrivere per «Frammenti», per certi versi affine alla tecnica di scrittura degli Haiku. Infatti, negli Haiku tutto è determinato, si potrebbe dire che si tratta di una immobilità viva, o immobilità mobile. Apparentemente, gli Haiku sono affini alla fotografia, lì dentro c’è una immobilità che parla, e parla perché ogni verso è una immagine congelata, un Evento. A questo proposito vorrei precisare che il raffreddamento è una fase essenziale della «nuova poesia»: le parole devono essere sottoposte a raffreddamento. In questo tipo di poesia i dettagli sono importantissimi, sono poesie fatte di dettagli. E il dettaglio abita uno spazio intemporale: il presente.

Innanzitutto, un presente assolutamente presente non esiste se non nella immaginazione dei filosofi assolutistici. Nel presente c’è sempre il non-presente. Ci sono dei varchi, dei vuoti, delle zone d’ombra che noi nella vita quotidiana non percepiamo, ma ci sono, sono identificabili. Così, una scrittura totalmente fonetica non esiste, poiché anche nella scrittura fonetica si danno elementi significanti non fonetizzabili: la punteggiatura, le spaziature, le virgolettature, i corsivi ecc.

La scrittura per «frammenti» implica l’impiego di una decostruzione riflessiva, la quale nella sua propria essenza, segue il tempo del «Presente» che sfugge di continuo, che si dis-loca. Il dislocante è dunque il «Presente» che si presenta sotto forma del «soggetto» significante (ricordiamoci che per Lacan il soggetto si instaura come rapporto con un significante e l’altro). Ma, appunto, proprio per l’essere una macchinazione significante, il «soggetto» non può mai raggiungere il pieno possesso del «significato».

In base a queste premesse, una scrittura logologica o logocentrica, non è niente altro che un miraggio, il miraggio dell’Oasi del Presente come cosa identificabile e circoscritta, con il versus che segue il precedente credendo ingenuamente che qui si instauri una «continuità» nel tempo. Questa è una nobile utopia che però non corrisponde al vero.

Io dico una cosa molto semplice: che l’utilizzazione intensiva ad esempio della punteggiatura e degli spazi tra le strofe produce l’effetto non secondario di interrompere il «flusso continuo» che dà l’illusione del Presente; produce lo spezzettamento del presente, la sua dis-locazione, la sua locomozione nel tempo. Introduce la differenza nel «presente».

Il non dicibile abita dunque la struttura del «presente», fa sì che vengano in piena visibilità le differenze di senso, gli scarti, le zone d’ombra di cui il «presente» è costituito.

Alla luce di quanto sopra, se seguiamo l’andatura strofica della poesia di Mario Gabriele, ci accorgeremo di quante interruzioni introdotte dalla punteggiatura ci siano, quante differenze introdotte dalla dis-locazione del discorso poetico, interpretato non più come flusso unitario ma come un immagazzinamento di differenze, di salti, di zone d’ombra, di varchi:

 

Nonna Eliodora da giugno era scomparsa.
Stranamente oggi non ho visto Randall.
Mia amata, qui scorrono i giorni
come fossero fiumi e la speranza è così lontana.
Dimmi solo se a Boston ci sarai,
se si accendono le luci a Newbury Street.
Era triste Bobby quando lesse il Day By Day.
Oh il tuo cadeau, Patsy, nel giorno di Natale!

 

Giorgio Linguaglossa
diabolik-eva-kant Roy Lichtenstein

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Nella «Nuova poesia», non c’è un senso compiuto, totale e totalizzante e unidirezionale. Il senso si decostruisce nel mentre si costruisce. Non si dà il senso ma i sensi. Una molteplicità di sensi e di punti di vista. Come in un cristallo, si ha una molteplicità di superfici riflettenti. Non si dà nessuna gerarchia tra le superfici riflettenti e i punti di vista. Si ha disseminazione e moltiplicazione del senso. Scopo della lettura è quello di mettere in evidenza gli scarti, i vuoti, le fratture, le discontinuità, le aporie, le strutture ideologiche e attanziali piuttosto che l’unità posticciamente intenzionata da un concetto totalizzante dell’opera d’arte che ha in mente un concetto imperiale di identità. La nuova poesia e il nuovo romanzo sono alieni dal concetto di sistema che tutto unifica, che tutto «identifica» (e tutto nientifica) e riduce ad identità, che tutto inghiotte in un progetto di identità, che tutto plasma a propria immagine, in vista di una rivendicazione dell’Altro e della differenza come grande impensato della tradizione filosofica occidentale. In questa accezione, la decostruzione è una conseguenza della riflessione filosofica di Martin Heidegger. Infatti il disegno della seconda sezione di Sein und Zeit (1927) – rimasta alla fase di mera progettazione, per la caratteristica inadeguatezza del linguaggio della metafisica – risuonava come una “distruzione della storia dell’ontologia”, in nome di una ontologia fenomenologica capace di assumere di «lasciar/far vedere il fenomeno per come esso si mostra» (Derrida) – a far luogo da un linguaggio rinnovato alla radice (ripensato), filosoficamente (nell’accezione ordinaria del termine) scandaloso.

 

Un esperimento con la poesia

 

Mi sono permesso di fare un esperimento con la poesia di Mario Gabriele come ha fatto Ubaldo De Robertis con la poesia di Steven Grieco Rathgeb.

Ho diviso la poesia in 8 strofe o frammenti e poi ho ricomposto i frammenti (o strofe) con un’altra disposizione e conseguenzialità logico estetica, questo per dimostrare che la poesia dei nostri giorni è molto diversa da quella dell’Alcyone(1903) di D’Annunzio postata stamane, lì non è possibile alcuna divisione e ricomposizione dei versi per la semplice ragione che la poesia è un flusso continuo dove il precedente ha una sua ragion d’essere ontologica che non può essere sostituita da altro brano o strofe senza compromettere il tutto e rischiare di far crollare la costruzione estetica del poema.

 

Le due poesie di Mario Gabriele e di Steven Grieco Rathgeb, ricomposte da me e da Ubaldo De Robertis, possono vivere mediante varie ricomposizioni. Come nel giovo del puzzle, le singole tessere possono trovare diversi alloggiamenti tanti quanti sono i contesti diversi. La suddivisione in frammenti e la successiva ricomposizione dei medesimi costituisce la VERIFICAZIONE DELL’ESPERIMENTO. Esso dimostra che la poesia di oggi è ontologicamente mutata rispetto a quella di inizio secolo. La poesia moderna è già frammento al suo nascere.  Le composizioni possono essere smontate e rimontate secondo il gusto e le preferenze dei singoli lettori. È incredibile, il lettore può intervenire cambiando l’ordine polifrastico degli addendi.

 

Per chi non l’abbia ancora capito, qui siamo  dinanzi ad una vera e profonda novità della poesia contemporanea: essa è «frammento» e la sua procedura ontologica è la ricomposizione di «frammenti». Ciò non vuol dire che la poesia dei nostri giorni abbia perso qualcosa rispetto alla poesia della tradizione o che sia migliore o peggiore. Direi molto semplicemente che essa ha mutato il suo codice genetico, è diventata una cosa molto diversa, che offre delle possibilità espressive incredibilmente ampie e imprevedibili. Qui non siamo più nella forma aperta teorizzata da Umberto Eco nel 1962, abbiamo fatto un passo ulteriore, qui siamo nella forma composta di polinomi frastici che si dividono e si possono ricomporre seguendo diversi criteri compositivi.

Siamo davanti ad una mutazione genetica della poesia contemporanea.

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Giorgio Linguaglossa
Andy-Warhol-painting

 

Poesia originale di Mario M. Gabriele

 

Una fila di caravan al centro della piazza
con gente venuta da Trescore e da Milano
ad ascoltare Licinio:-Questa è Yasmina da Madhia
che nella vita ha tradito e amato,
per questo la lasceremo ai lupi e ai cani,
getteremo le ceneri nel Paranà 
dove abbondano i piranha,
risaliremo la collina delle croci 
a lenire i giorni penduli come melograni,
perché sia fatta la nostra volontà.-
Un gobbo si fermò davanti al centurione 
dicendo:- Questo è l’uomo che ha macchiato 
le tavole di Krsna, distrutto il carro di Rukmi, 
non ha avuto pietà per Kamadeva, 
rubato gioielli e incenso dagli altari di Nuova Delhi.-
-Allora lasciatelo alla frusta di Clara e di Francesca,
alla Miseria e alla Misericordia.
Domani le vigne saranno rosse 
anche se non è ancora autunno
e spunta il ruscus in mezzo ai rovi-, così parlò Licinio.
Un profumo di rauwolfia veniva dal fondo dei sepolcri.
Carlino guardava le donne di Cracovia,
da dietro i vetri Palmira ci salutava
per chissà quale esilio o viaggio.
Nonna Eliodora da giugno era scomparsa. 
Stranamente oggi non ho visto Randall.
Mia amata, qui scorrono i giorni 
come fossero fiumi e la speranza è così lontana.
Dimmi solo se a Boston ci sarai,
se si accendono le luci a Newbury Street.
Era triste Bobby quando lesse il Day By Day.
Oh il tuo cadeau, Patsy, nel giorno di Natale!

Giorgio Linguaglossa

 

 

Ricomposizione in frammenti della stessa poesia ad opera di Giorgio Linguaglossa

 


1) Mia amata, qui scorrono i giorni 
come fossero fiumi e la speranza è così lontana.

 

2) Dimmi solo se a Boston ci sarai,
se si accendono le luci a Newbury Street.
Era triste Bobby quando lesse il Day By Day.
Oh il tuo cadeau, Patsy, nel giorno di Natale!

 

3) Questa è Yasmina da Madhia
che nella vita ha tradito e amato,
per questo la lasceremo ai lupi e ai cani,
getteremo le ceneri nel Paranà 
dove abbondano i piranha,
risaliremo la collina delle croci 
a lenire i giorni penduli come melograni,
perché sia fatta la nostra volontà.

 

4) Nonna Eliodora da giugno era scomparsa. 
Stranamente oggi non ho visto Randall.

 

5) Una fila di caravan al centro della piazza
con gente venuta da Trescore e da Milano
ad ascoltare Licinio:-

 

6) Un gobbo si fermò davanti al centurione 
dicendo:- Questo è l’uomo che ha macchiato 
le tavole di Krsna, distrutto il carro di Rukmi, 
non ha avuto pietà per Kamadeva, 
rubato gioielli e incenso dagli altari di Nuova Delhi.-

 

7) Un profumo di rauwolfia veniva dal fondo dei sepolcri.
Carlino guardava le donne di Cracovia,
da dietro i vetri Palmira ci salutava
per chissà quale esilio o viaggio.

 

8) -Allora lasciatelo alla frusta di Clara e di Francesca,
alla Miseria e alla Misericordia.
Domani le vigne saranno rosse 
anche se non è ancora autunno
e spunta il ruscus in mezzo ai rovi-, così parlò Licinio.

 

Giorgio Linguaglossawarhol_marilyn

 

Ricomposizione di una poesia di Steven Grieco Rathgeb ad opera diUbaldo de Robertis

 

A proposito della continuità nel tempo riferita allo scorrere dei versi, ho provato a leggere la straordinaria composizione di Steven Grieco Rathgeb rispettando in modo assoluto le spaziature poste dall’autore, ma nell’ordine indicato dai numeri che mi sono permesso di riportare nel testo.
Il mistero è dunque che la poesia: IL BUON AUGURIO, pur rovesciata come un calzino (l’ultimo verso coincide con il primo- diceva Borges), mantiene INTATTO tutto il suo fascino comunicativo, anzi, la lettura nei due sensi, in sequenza, accresce il suo valore e la “spiega” come un lenzuolo esposto al sole.
Aggiungo poi che Steven Grieco Rathgeb, poeta dai molti idiomi, sa collocare nei propri versi i termini, le parole più consone! Eh, sì, cara Stefanie Golisch, quelle che lei definisce “belle paroline” io le chiamerei: “qualcosa di più conforme” (Leopardi insegna) che al poeta vero viene naturale, lasciando da parte retorica e superlativi, assecondando lo spirito di finezza. Quello di geometria, quello sì, lo lasciamo ai letterati della domenica.

 

Steven Grieco Rathgeb
IL BUON AUGURIO (Poesia ricomposta ad opera di Ubaldo de Robertis)


13 -La vita era reale, splendida; e profondamente nascosti
in noi gli alberi, i primi iris mirabili nella luce nera.
Il paesaggio diurno senza sogni, senza nascondigli.

 


12-“FERMI!”


– esclamò d’un tratto il Regista – 
“Avete studiato le vostre parti troppo a fondo!
Non siete più voi stessi! Tutto da rifare!”


11-Ci fermammo di colpo, profondamente scossi.


10 -Poiché nelle sue parole, in effetti, nulla si era fermato:
e più chiari che mai il palco su cui stavamo, le 
scenografie spente, il cerone che ci imbrattava il viso.


9-Non c’era dubbio: era stato commesso un furto ignobile.
E noi, del tutto ignari.


8-Poi ancora un urlo dietro le quinte: “Il mondo non va più da sé!
Fate qualcosa!”
e tonfi sull’assito, e le grida di stupore 
visibili nell’aria che veniva lacerandosi di traverso.


7-«Mmmm…» mormorò rapito il Regista, sprofondato
nella sua poltrona, gli occhi rivolti in su: quasi gioisse
di queste fronde d’albero che stormivano solo immaginandosi: 
quasi prendesse il largo un re dalla mantella azzurra
in una barca sull’oceano.


6-Allora cercai il tuo viso nell’estrema durezza del riflesso:
ma da noi sorgevano mille profondità:
non semplice amalgama di ombre e sabbia,
luce respinta: una forma umana dal corridoio, giù in fondo,
superando seppur di sbieco uno dopo l’altro i rovelli,
non più derubata, fermo lo sguardo,
avanzava oltre i molti presenti in ogni dove, 
la folla di nichilisti che spingeva,
tormentandosi nel buio.


5-Ancora guardai nello specchio. Era una finestra,
e il paesaggio là fuori, un inaspettato presagio:
i campi di grano, morbida onda prossima alla mietitura
mentre un fiume verde-bruno muoveva tra le sponde
rallegrandosi dei suoi riflessi azzurri;
e più avanti, dove i salici d’argento disperdono nivei fiori
solo per celare, come all’inizio di un verso,
l’usignolo di Chông.

.
4-Ancora gridò la voce assordante fuori campo:
“NON VEDETE come tutti ve la danno a bere?”


3- In effetti, il buio era più fitto che mai.
Ma proprio là dentro, nel cuore dello sguardo cieco
sorgeva questo tasso d’intensità sconosciuto,
come se noi irradiassimo una visione.


2-Come se non fossimo altro che noi stessi.


1- Aveva ragione da vendere, il Regista.
La partita l’avevamo stravinta.


Giorgio Linguaglossa

 

Poesia originale di Steven Grieco Rathgeb
IL BUON AUGURIO


La vita era reale, splendida; e profondamente nascosti
in noi gli alberi, i primi iris mirabili nella luce nera.
Il paesaggio diurno senza sogni, senza nascondigli.

 

“FERMI!”

– esclamò d’un tratto il Regista – 
“Avete studiato le vostre parti troppo a fondo!
Non siete più voi stessi! Tutto da rifare!”

 

Ci fermammo di colpo, profondamente scossi.

 

Poiché nelle sue parole, in effetti, nulla si era fermato:
e più chiari che mai il palco su cui stavamo, le 
scenografie spente, il cerone che ci imbrattava il viso.

 

Non c’era dubbio: era stato commesso un furto ignobile.
E noi, del tutto ignari.

 

Poi ancora un urlo dietro le quinte: “Il mondo non va più da sé!
Fate qualcosa!”
e tonfi sull’assito, e le grida di stupore 
visibili nell’aria che veniva lacerandosi di traverso.

 

«Mmmm…» mormorò rapito il Regista, sprofondato
nella sua poltrona, gli occhi rivolti in su: quasi gioisse
di queste fronde d’albero che stormivano solo immaginandosi: 
quasi prendesse il largo un re dalla mantella azzurra
in una barca sull’oceano.

 

Allora cercai il tuo viso nell’estrema durezza del riflesso:
ma da noi sorgevano mille profondità:
non semplice amalgama di ombre e sabbia,
luce respinta: una forma umana dal corridoio, giù in fondo,
superando seppur di sbieco uno dopo l’altro i rovelli,
non più derubata, fermo lo sguardo,
avanzava oltre i molti presenti in ogni dove, 
la folla di nichilisti che spingeva,
tormentandosi nel buio.
Ancora guardai nello specchio. Era una finestra,
e il paesaggio là fuori, un inaspettato presagio:
i campi di grano, morbida onda prossima alla mietitura
mentre un fiume verde-bruno muoveva tra le sponde
rallegrandosi dei suoi riflessi azzurri;
e più avanti, dove i salici d’argento disperdono nivei fiori
solo per celare, come all’inizio di un verso,
l’usignolo di Chông.

 

Ancora gridò la voce assordante fuori campo:
“NON VEDETE come tutti ve la danno a bere?”

 

In effetti, il buio era più fitto che mai.
Ma proprio là dentro, nel cuore dello sguardo cieco
sorgeva questo tasso d’intensità sconosciuto,
come se noi irradiassimo una visione.

 

Come se non fossimo altro che noi stessi.

 

Aveva ragione da vendere, il Regista.
La partita l’avevamo stravinta.

(1987-2012)

 

Giorgio Linguaglossa
Steven Grieco a Trieste giugno 2013

 

Steven J. Grieco Rathgeb, nato in Svizzera nel 1949, poeta e traduttore. Scrive in inglese e in italiano. In passato ha prodotto vino e olio d’oliva nella campagna toscana, e coltivato piante aromatiche e officinali. Attualmente vive fra Roma e Jaipur (Rajasthan, India). In India pubblica dal 1980 poesie, prose e saggi.

è stato uno dei vincitori del 3rd Vladimir Devidé Haiku Competition, Osaka, Japan, 2013. Ha presentato sue traduzioni di Mirza Asadullah Ghalib all’Istituto di Cultura dell’Ambasciata Italiana a New Delhi, in seguito pubblicate. Questo lavoro costituisce il primo tentativo di presentare in Italia la poesia del grande poeta urdu in chiave meno filologica, più accessibile all’amante della cultura e della poesia. Attualmente sta ultimando un decennale progetto di traduzione in lingua inglese e italiana di Heian waka.

In termini di estetica e filosofia dell’arte, si riconosce nella corrente di pensiero che fa capo a Mani Kaul (1944-2011), regista della Nouvelle Vague indiana, al quale fu legato anche da una amicizia fraterna durata oltre 30 anni.

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Giorgio Linguaglossa

 

Mario M. Gabriele è nato a Campobasso nel 1940. Poeta e saggista ha fondato la Rivista di critica e di poetica “Nuova Letteratura” e pubblicato diversi volumi di poesia tra cui il recente Ritratto di Signora 2014. Ha curato monografie e saggi di poeti del Secondo Novecento. Ha ottenuto il Premio Chiaravalle 1982 con il volume Carte della città segreta, con prefazione di Domenico Rea. E’ presente in Febbre, furore e fiele di Giuseppe Zagarrio, Mursia Editore 1983, Progetto di curva e di volo di Domenico Cara, Laboratorio delle Arti 1994, Le città dei poetidi Carlo Felice Colucci, Guida Editore 2005, Poeti in Campania di G. B. Nazzario, Marcus Edizioni 2005, e in Psicoestetica, il piacere dell’analisi di Carlo Di Lieto, Genesi Editrice, 2012. Si sono interessati alla sua opera: G.B.Vicari, Giorgio Barberi Squarotti, Maria Luisa Spaziani, Luigi Fontanella, Giose Rimanelli, Francesco d’Episcopo, Giuliano Ladolfi,e Sebastiano Martelli. Altri Interventi critici sono apparsi su quotidiani e riviste: Tuttolibri, Quinta Generazione, La Repubblica, Misure Critiche, Gradiva, America Oggi, Atelier. Cura il blog di poesia italiana e straniera L’isola dei poeti.