Giuseppe Gallo, Zona gaming, Poesia in distici, inedito alla maniera della nuova ontologia estetica, con un Appunto dell’Autore e il Punto di vista di Giorgio Linguaglossa

Giorgio Linguaglossa

 

Giuseppe Gallo, è nato a San Pietro a Maida (CZ) il 28 luglio 1950, diploma di Liceo classico, laurea in Lettere Moderne, è stato docente di Storia e Filosofia nei licei romani. Nel 1983 la sua prima raccolta di poesia, Di fossato in fossato, Lo Faro editore. L’impegno civile sul territorio lo spinge a un rapporto sempre più stretto con la poesia dialettale. Negli anni ‘80, collabora con il gruppo di ricerca poetica “Fòsfenesi”, a Roma. Delle varie “Egofonie”, “Metropolis”, dialogo tra la parola e le altre espressioni artistiche, è rappresentata al Teatro “L’orologio”.

Avvicinatosi alla pittura, l’artista si concentra sui volti e gli sguardi, mettendo in luce le piaghe della modernità: consumismo e perdita dello spirito. Negli ultimi lavori ha abolito la rappresentazione naturalistica degli oggetti per approfondire i rapporti tra colore, forma e materiali pittorici. Nel 2016, con la fotografa Marinaro Manduca Giuseppina, pubblica, Trasiti ca vi cuntu, P.S. Edizioni, storia e antropologia del Paese d’origine. Nel 2017 è risultato tra i sei finalisti del “IV Premio Mangiaparole”, sezione poesia, Haiku. Dal 2006 ha esposto a Roma, Mentana, Monterotondo, Brindisi, Lecce.

         

Un Appunto di Giuseppe Gallo     

                                

In queste poesie ho tentato di rintracciare, di mettere in linea e di far rotolare sulla pagina alcuni di quei materiali linguistici, sintagmi, frasi, perifrasi, di origine italiana o inglese, ricavati dalla pseudo comunicazione mediatica.

 

Forse è l’ora di prendere atto che l’infestazione di spot, promo, pubblicità, face book e letteratura a basso costo, ha varcato la soglia della Poesia. Qualcuno ha detto, ora mi sfugge il nome, che la poesia del futuro ruota intorno alla frase…

 

Ebbene io credo che solo tra una frase e l’altra, in questi interspazi, ci sia quel vuoto che ha bisogno di essere colmato. Ormai siamo tutti distopici e tutti complici di questo gioco al massacro. Tutti incatenati a questa postazione che è quella del game, della partita e del gioco: Zona  gaming.

 

Quindi, come allusione al gioco poetico, che è gioco pericoloso, includente una dimensione di rischio e di inganno, ma anche di finzione, come i giochi della play station, di Xbox, ecc., tutti giochi virtuali, allusivi, metaforici, che mimano attraverso le immagini-video storie in cui il giocatore, o il poeta, gioca alla morte, propria ed altrui.

 

Ebbene,  è solo attraverso questi “riporti linguistici” o in mezzo ad essi, che oggi si rischia una significazione aurorale. Anche perché  tutti questi sintagmi che sono sul punto di morire, non muoiono mai, rinascendo dalle proprie ceneri; e queste perifrasi, ricavate dall’industria e dalla tecnologia contemporanea, che ci inoculano effluvi lisergici e addomesticamenti virtuali e non virtuali, sono in continuo pericolo di diventare significanti o insignificanti, almeno come esperienze individuali e di massa.

 

Le nostre scelte quotidiane non sono, in parte, determinate dai desideri e dai bisogni indotti da queste immagini-parole?

 

Forse attraverso il loro recupero è più facile eliminare quanto ancora di retorico c’è nella versificazione abitudinaria dove l’io, ancora dominus, oppone resistenza. Ecco perché, a prima vista, in questi sei componimenti, sembra prevalere un tono gelido, da ghiaccio secco.

 

E  tutto questo perché?

 

Perché è un gioco e ogni gioco, in quanto tale va giocato, almeno credo. A meno che non si voglia abitare in un Iperuranio ologrammatico.

 

Rovistare nel senso, stracciarlo, stirarlo di qua e di là, rovesciandone la consistenza, dimostrandone l’inutilità, per il niente del niente, con qualche schiaffo al bel dire, alla logica riempitiva della struttura poetica, raggiungere il non senso, attraverso il senso comune e mediatico delle frasi, ecc. ecc.

 

Vorrei che in queste composizioni si avvertissero salti, controsalti, balzi e sobbalzi; emersioni e affondamenti, il tutto all’interno di una pretesa, quella di masticare e digerire l’inganno delle parole e la loro momentanea e brutale pregnanza. È chiaro che c’è anche un intento di ironia. Non si può giocare se si è soltanto seri. Ironia allora, prima di tutto verso me stesso e poi verso ciò che sembra e non è e verso ciò che è ma non sembra.

 

Giorgio Linguaglossa

 

Il Punto di vista di Giorgio Linguaglossa

 

«Rimbalziamo sulla gomma del nulla» dice un personaggio X. Sembra di assistere a un dialogo post-beckettiano, tra Ionesco e Sartre, in bilico tra il testo teatrale e la ex-poesia, sì, giacché siamo entrati, senza accorgercene, nella ex-poesia. Ed è surreale che non ce ne eravamo accorti. La poesia se vuole sopravvivere dovrà necessariamente trovare altre forme, un altro lessico, un altro modo di esistenza, altrimenti, persa nell’universo comunicazionale delle società moderne, è destinata a perire. Giuseppe Gallo, autore di Arringheide, un poema in dialetto calabrese di oltre cinquecento pagine pubblicato quest’anno con Città del Sole nel 2018, costato più di un ventennio di ricerca, Giuseppe Gallo, dicevo, è approdato alla «gomma del nulla» con i suoi distici in stile nuova ontologia estetica. E si sa che il distico obbliga il poeta alla massima severità, al massimo dell’ordine. Il parallelismo membrorum non ammette, se non rarissimamente, deroghe o eccezioni alla sua struttura binaria. Il distico è come il binario ferroviario sul quale passano i treni, è anch’esso un binario sul quale passa il treno delle parole; se il binario non tiene, il treno rischia di deragliare; così le parole, se il distico non tiene, le parole rischiano di andarsi a schiantare contro qualche muro a centinaia di metri di distanza.

 

A ciascuno il proprio distico. «A ciascuno il suo», diceva Leonardo Sciascia. Il distico è scuola di severità, di precisione, di distacco dalla materia verbale, di distacco dall’io, a suo modo impone un rigore che il verso libero non ha nel suo DNA. Sostenere a lungo il distico non è affatto facile, non è una maniera, come pensano i suoi ingenui detrattori, è la forma più antica di scrittura poetica e la più difficile da mantenere malgrado le apparenze; una struttura che si perde nella notte dei tempi dell’età della parola dell’homo sapiens. E una ragione ci sarà. Per scrivere in distici bisogna pensare in distici.

 

Ecco cosa ne dice weschool:

 

Distico: «Metro della versificazione latina (dal greco dis-, “due volte” e stichos, “verso, fila”), di origine greca, composto da un esametro unito ad un pentametro, è metro caratteristico del genere dell’elegia (tra i cui autori possiamo citare Cornelio Gallo, Tibullo, Properzio, Orazio e Ovidio).

 

Lo schema è il seguente:

 

esametro:  _   _   _   _   _   _ _

 

pentametro:  _   _   _ | _   _   _

 

Spiegazione ed esempi

 

Il distico elegiaco viene recuperato nella metrica accentuativa italiana dell’esperimento della metrica barbara di Giosuè Carducci. Il distico elegiaco è sostituito da un doppio settenario, oppure dalla combinazione di quinario, senario o settenario (come nel testo Nella piazza di San Petronio) oppure di settenari, ottonari e novenari (come in Nevicata).»

 

Esaminiamo adesso un distico di Giuseppe Gallo:

 

Dalla Spada della Morte solo tre  gocce di fiele

la prima per me

 

 

_ _/  _ _/  _ _/  _ _/  _ _/  _ _/    /_ _

  _ _/

 

Come si può notare, Gallo rimarca la regolarità dei primi cinque piedi del primo verso per poi poter rimarcare lo stacco del piede singolo. L’indebolimento degli accenti nell’italiano moderno apre al distico di oggi grandi possibilità di variazione; l’accentuazione prosastica offre possibilità sconosciute al distico moderno, anche e soprattutto la variatio di piedi diversissimi alternati o paralleli in modo da conseguire un andamento ritmico ricchissimo e acusticamente mai prevedibile.

 

A questo punto, mi sembra superfluo ogni ulteriore commento, il distico è un formidabile strumento per chi lo sappia impiegare, ma non è ovviamente il solo, un poeta di rango che abbia occhio e un orecchio attento alla acustica sa quando e come impiegarlo e con quale frequenza.

 

Ecco due versi che contengono una parola dei nostri tempi: il «cellulare».

“Il cellulare di Suresh emise un ping.” (Dan Brown)

 

Non soltanto in questi testi di Gallo ci sono parole nuove ma, quello che è più importante, come hanno sottolineato Nunzia Binetti e Mauro Pierno, è che il linguaggio viene ridotto non allo stato zero ma allo stato quantico; Gallo impiega le parole nel loro stato di ebollizione quantica, nel puro stato quantico della materia verbale, e il distico ha il compito di mettere in ordine lo stato quantico delle parole che, per eccellenza, è uno stato caotico dove non si più né il tempo né lo spazio.

 

È ovvio che qui siamo molto distanti dall’impiego surreale o post-surreale del linguaggio poetico come pure è stato fatto (e penso alla poesia di Carlo Livia), qui cogliamo una novità importantissima di come il linguaggio poetico può essere rivitalizzato senza ricorrere alle facoltà auto organizzatorie dell’io. Ad esempio, nelle poesie di Zbigniew Herbert c’è sempre un io che tenta di fronteggiare le forze dirompenti e prepotenti della storia, in lui c’è ancora la salda convinzione di «resistenza», dove l’io è wittgensteinianamente «il limite del mondo»; in questi distici di Gallo invece l’io è stato affondato, si è aperta una gigantesca falla nel sommergibile dell’io che non potrà tornare più a galla. E questo cambia tutto, cambia il concetto del linguaggio poetico e dell’uso che se ne fa, cambia la mappa che mentalmente si ha del linguaggio. Una novità assoluta.

 

Nei distici di Giuseppe Gallo abbiamo un’altra importatissima conseguenza: che sono scomparsi sia il tempo che lo spazio. E questo aspetto è una novità assoluta, finora in tutti gli esperimenti apparsi sull’Ombra delle Parole, nessuno mai si era spinto tanto avanti da cancellare il tempo e lo spazio. Il risultato è molto semplice, cancellando questi due Fattori, la poesia che ne consegue assume essa stessa una ontologia meta stabile che non contempla alcuna fenomenologia. Il linguaggio poetico di Gallo è sostanzialmente un linguaggio non fenomenologico.

E questa è, a mio avviso, una ulteriore importantissima acquisizione della nuova ontologia estetica.

 

Giorgio Linguaglossa

 

Giuseppe Gallo

 

Zona gaming 1

 

E chi mai si salvò

dalla Babele della Torre?

 

Ogni peccato ha il proprio cielo.

Ogni sintagma il proprio sepolcro. 

 

Dalla Spada della Morte solo tre gocce di fiele

la prima per me

 

la seconda è tua

la terza a chi vuoi tu.

 

 

Zona gaming.

Il silenzio si inginocchia alle radici.

 

“Perché hai ucciso il cane?”

“Perché i cani abbaiano!” ( Nick Tosches )             

 

Qualcuno ci ha dato l'infinito

e ha fatto evadere il tempo dalla clessidra.

 

 

Zona gaming

Gli omicidi industriali dei desideri.

 

Il tran tran del treno che traina la metrica

tra la riva e le pietre.

 

È sempre l'ora della nostra morte!

Giocando l'azzardo d'un sorriso.

 

Scollando le costole del senso.

Strisciando sul guscio, sbriciolandone il calco.

 

Oltre i muri il pigolio, l'allucciolio, il bio

ma il mio è un Voyage privè.

 

 

Zona gaming

Crea un alert per la verità.

      

                                                                                   

Zona gaming 2

 

Stracci d'erba, cani azzurri per la campagna,

cieli geologici, fossati verticali.

 

Lilli trasudava deserti,

aveva svaligiato ogni distanza.

 

Gli correvano incontro  le gazzelle.

Gli aveva risposto il leone.

 

Un ruggito a spezzare la noia,

quella che avvizzisce le donne diventate madri.

 

 

Zona gaming

“Sarò pure all'antica, ma morire...”

 

Non c'è un giorno senza cielo e senza terra.

E né un inciampo senza una bestemmia di vergogna.

 

Sulla pagina scrisse “perché? perché?”

Poi cadde in... nella... nei... dove...

 

Abbandonò gli occhi sulla stessa domanda

rigurgitando i propri sogni.

 

 

Zona gaming

Anche gli oleandri sbracciati nei viali.

 

Fiori a casa mia, a casa tua. Non più esotici.

Dove sei stato tra mezzanotte e le tre del mattino?

 

Forse lui lo sa! O lei.

Notizie del genere non ci sono sul giornale.

 

Avrebbe voluto un desiderio di sabbia o di polvere tra le mani.

Un bacio di coltello per aprire la bocca.

 

 

Zona gaming

Chi lo sa? Lui o lei?

                                                                                             

 

Zona gaming 3

 

Tutti pronti per il mercato.

Mummie impregnate di silenzi contemporanei.

 

Il drago sorride prima del fuoco.

Non c'erano respiri sui divani!

 

Il vuoto a rendere delle conchiglie.

Ah! Se la metafora dileguasse!

 

 

Zona gaming

Per me, per te… che parliamo bluffando.

 

Gli rispose con un ghigno:

-Sono io che faccio le domande! 

 

Anche la tartaruga diventa centometrista.

Anche l'asino vola. Dove tutto è possibile non ci sono.

 

-Dunque, ti ascolto.

Aveva la voce dei tramonti più brutti.

 

Giorgio Linguaglossa

 

 

Zona gaming

“Montale, sono io che faccio le domande.” (G.C. Izzo)

 

È il pensiero la radice d'ogni male.

Solo tre gocce di sangue.

 

La prima per me. La seconda è tua.

La terza per le ferite che ci unirono, ma il lupo non lo sa.

 

Sull'altra sponda 

l'ombra in volo di un attimo.

 

È chiaro che siamo l'eco di noi stessi.

E il tram s'addentrò nell'architettura dei segni.

 

 

Zona gaming

Amnesia va cercando

 

                                                       

Zona gaming 4

Anche marzo è arrivato.

Il sole continua a ingannare le mimose.

 

Il gatekeeper ha messo le carte in tavola.

Meglio il cappone. E le uova di quaglia.

 

Sei sicuro che non ci sia altro?

E se la fantasia volesse apparecchiare la tavola?

 

 

Zona gaming

Parla… ma non dice… rimbalziamo sulla gomma del nulla.

 

La parete incannucciava l'azzurro.

Il letto di ferro una graticola di noia.

 

Le dita della nonna sostenevano il lapis,

quelle di mia madre la carta paglia delle sarde.

 

Tutto presente. Il fuoco e la gramigna.

L'arsura, il solco e il vermicaio.

 

 

Zona gaming

“Il cellulare di Suresh emise un ping.” (Dan Brown)

 

La fame d'alba dei colombi.

Solo tre gocce d'acqua.

 

La prima per me. La seconda è tua.

La terza è quella dove annegammo. Ma i figli non lo sanno.

 

C'è sempre qualcuno dietro il vetro.

Oggi c'è il merlo che assalta i vermi, violento.

 

Le scale mobili lungo le piazze.

E le dita a piluccare pillole e pasticche.

 

 

Zona Gaming

ping ...ping… frullano i cellulari dei passeri.

 

                                               

Zona gaming 5

 

Ci sarebbero ancora “questi quattro sassi” 

incastrati sul magma del senso.

 

Invalicabili eremiti,

vermi al macroscopio.

 

Colato è il fiele e dunque 

oggi per me e per te niente sangue e niente acqua,

 

solo un catino acrilico d'inchiostro a sciogliere 

nel cherosene espressionista. 

 

 

Zona gaming

spezzoni di pellicole mute a cui ridare voce.

 

Le aiuole indaffarate a trovare il proprio profumo.

Chi è nel dolore ha un occhio di neve e l'altro d'ardesia.

 

Lilli è annegato lontano da tutte le sere.

Scheletriscono le nuvole.

 

E qualcuno dice che la Vita, di fronte alla morte,

ha sempre la meglio.

 

 

Zona gaming

Le nostre “sedie si guardano, sole.” (C. Pavese)

 

Qualche bacio aiuta a bere il pendio della giornata.

A slittare nell'eternità.

 

Caro Giorgio,

ho guardato nel secchio degli stracci.

 

C'era poco! Pochissimo! Qualcuno lo aveva svuotato

senza farmene parola.

 

Il cervello che ricalcitra, con l'acqua che bolle e ribolle.

E don Chisciotte ad assaltare la cinta muraria.

 

 

Zona gaming

Marie Richter ti ha mandato un poke…

 

                                                            

Zona gaming 6

 

Monoliti contro un cielo blu-nero.

Ghetti verticali.

 

Macchine a strati di neve ad aspettare.

Betulle di polvere sfarinate dalla nebbia.

 

-Che cosa stai facendo esattamente?

-Mi ipnotizzo nella notte gelida.

 

Per rifiorire sull'altro versante.

Prima o poi. Domani. O forse…

 

 

Zona gaming

Costretto a credere a qualcuno, a qualcosa, a niente.

 

Schizzano corpi elettrici e immateriali. Lampi.

Dappertutto dopo la morte.

 

Critica del linguaggio  e angoscia del senso:

le ceneri di Wittgestein.

 

La coscienza? L'anima? L'io?

Montagne a zaino incarnato a spalle curve per il peso.

 

 

Zona Gaming

-Ok! Ok! Mi farò vivo!

 

Lilli ha visto sguardi che combattevano tra loro

per non avere più occhi separati.

 

Qui c'è da impazzire e si impazzisce.

La poesia, però, non è a rimorchio. Anticipa la follia.

 

Smurato il tempo. Liquidazione totale.

100, 1000 GB e minuti illimitati.

 

Nello spazio digitale fluttuano Dio e dio

e le schiene calibrate degli angeli.

 

 

Zona gaming

La Vita nova arrantola.