Pedrag Bjelošević,  Le » R Ž « Poesie scelte in traduzione francese, Editions »Kolja Micevic«, 2002 Commenti critici di Kolia Micevic, Philippe Tancelin, Giorgio Linguaglossa, traduction du serbe Ljiljana Huibner-Fuzellier, Raymond Fuzellier

 

Giorgio Linguaglossa
Predrag Bjelošević

 

“La rencontre avec ce poète serbe grandement connu dans son pays recouvre un intérêt particulier dans la mesure où cette écriture s’inscrit au carrefour de la modernité poétique et d’un certain classicisme lyrique qui confèrent à chaque texte une dimension “nouvelliste” poétique à tendance philosophique sur le temps et comment habiter le temps depuis la ville-enfance. L’écriture est riche et très travaillée selon des fragmentations, ellipses, ressauts qui rythment la phrase”.

 

 (Philippe Tancelin)

 

 Il »R Ž« di Bjelošević non è un nome proprio, né le iniziali di qualcosa; né onomatopea, né allitterazione, né metafora, né… ed è tutto ciò.

 

Il » R Ž « di Bjelošević è l’unione paradossale di due lettere le quali, nelle parole composte da più di una sillaba (dr-zi, br-zi, come in italiano del resto: lar-go, spa-zio… e tante altre) sono sempre separate, si potrebbe dire opposte.

 

Per comprendere il » R Ž « di Bjelošević occorre pronunciare delicatamente, poiché esso è prima di tutto un suono: come il »rosso« dal quale si togliessero le vocali: r(o)ss (o). La sua pronuncia occupa tutta una gamma, che va dal tenero al duro, dal duro al tenero… Così si crea il »rzisme«, così il lettore diviene il »rziste«!

 

il » R Ž «potrebbe anche, penso, essere il »RZ«, io non so se Bjelošević sarebbe d’accordo con me. Vedo anche i bambini lì intorno, le piccole rz; ma le » R Ž «tuttavia non conoscono il plurale».

 

Il » R Ž «non si traduce. Esso fu tradotto prima della sua nascita. Etc.

 

Il »R Ž «, un breve bel titolo »uscito« da un famoso adagio nel quale le » R Ž « sarebbero piuttosto il »sono« che il »cogito«.

 

Il »R Ž «, un chiaro suono del corno alla entratura d’una raccolta di poesie del primo poeta serbo della Bosnia-Herzegovina che ha oltrepassato la frontiera della lingua francese all’incirca dal 1992.

 

(Kolia Micevic)

 

 

Pedrag Bjelošević

 

«poetry should be restored to its sources and to the beauty, wonder and magnificent feeling of awe occurring after poetry reading. I also agree that poetry should be separated from all sorts of banalisation and desecration for the sake of actuality through daily political subjects and a base poetic language close to the crowd».

 

 Giorgio Linguaglossa Giorgio Linguaglossa

 

Giorgio Linguaglossa

 

 Sia detto subito con chiarezza e a scanso di equivoci, Pedrag Bjelošević è tutt’altro che un poeta giocoso, ironico, istrionico o derisorio come potrebbe, sviandoci, far pensare il titolo »R Ž «, forse iniziali di parole inesistenti o, forse, di parole del tutto usuali di uso domestico. Bjelošević è un poeta che ha una spiccata consapevolezza della desertificazione significazionista che attinge oggi il linguaggio poetico e della necessità che questo veicolo espressivo debba essere profondamente rifondato. Il poeta serbo sa che oggi il linguaggio poetico si situa in un non-luogo, in uno Zwischen, in un framezzo, distante dai linguaggi comunicazionali con i quali commerciamo abitualmente e che corre costantemente il rischio di una irriconoscibilità. Il poeta serbo ha abbandonato per sempre l’idea di una poesia mimetica del reale, sa che quella via non è più praticabile, la mimesis è quella che oggi impiega la belletristica letteraria, il telemarket e la videocrazia. La poesia non ha più la funzione di rappresentare un mondo e neanche di purificare la lingua della tribù, come si diceva una volta, semmai la poesia ha oggi il compito di dentrificare il fuori e di fuorificare il dentro, proprio in virtù di quel suo situarsi nel «fra», nel «framezzo», né di qua né di là, in un senzatempo e in un senzaspazio, in una condizione precaria e instabile. Bjelošević non ha dubbio alcuno che la poesia più avveduta e rigorosa di oggi abbia perduto per sempre la funzione rappresentativa e rappresentazionale, e che sarebbe ipocrita e non avveduto pensare ancora nei termini della poesia elegiaca e minimalista che ancora imperversa in Occidente, quell’Occidente che un economista italiano ha brillantemente definito «la civiltà signorile di massa». Bjelošević sa che viviamo in una società signorile di massa, e quindi fa poesia ultronea: nomina una situazione verosimile per poi virare all’istante nel paradosso e nel sovra reale; la sua poesia scantona tra questi due estremi con naturalezza e ingegno, sa che l’ultroneo e l’abnorme sono le sole condizioni di possibilità che oggi ha il linguaggio poetico non convenzionale e non scontato. Il linguaggio poetico non ha alcuna possibilità di sopravvivenza se si consegna bendato alla deriva dei linguaggi comunicazionali e giornalistici, questo Bjelošević lo sa bene, ed opera di conseguenza, fa poesia esistenzialista ma nella maniera modernissima  della migliore poesia europea di oggi. Oggi forse la poesia non può non essere esistenzialista poiché ci troviamo nella condizione ontologica di disparizione della stessa possibilità dell’esistenza. L’esistenza è diventata impossibile. Così come del resto la poesia.

 

 

Giorgio Linguaglossa
Pedrag Bjelošević e Giorgio Linguaglossa, Banja Luka, 15 settembre 2019

 

 

 Disons-le immédiatement et clairement afin d’éviter tout malentendu, Pedrag Bjelošević est bien autre chose qu’un poète enjoué, ironique, théâtral ou dérisoire comme pourrait le faire penser le titre »R Ž«, peut-être initiales de paroles inexistantes ou, qui sait, de paroles absolument courantes et d’usage domestique. En effet Bjelošević est un poète qui possède une forte conscience de la désertification “significationiste” à laquelle puise aujourd’hui le langage poétique, et de la nécessité d’une profonde refondation de ce véhicule expressif. Le poète serbe sait que le langage poétique se situe aujourd’hui dans un non-lieu, un Zwischen, dans un entracte distant des langages de la communication à travers lesquels ils commercent habituellement et qui courent constamment le risque d’une méconnaissance. Le poète serbe a abandonné pour toujours l’idée d’une poésie mimétique du réel, il sait que cette route n’est plus praticable; la mimesis est ce qui emploie aujourd’hui l’embellissement littéraire, le télémarket et la vidéocratie. La poésie n’a plus la fonction de représenter un monde, ni de purifier la langue de la tribu, comme on disait autrefois; la poésie aujourd’hui a éventuellement le devoir de faire entrer l’extérieur et d’en extraire l’intérieur, exactement en vertu de sa position “entre”, ni ici ni là, dans une absence de temp et une absence d’espace, dans une condition précaire et instable. Bjelošević  n’a aucun doute sur le fait que la poésie actuelle plus avisée et rigoureuse a perdu pour toujours la fonction représentative et représentationnelle, et qu’il serait hypocrite et myope de penser à elle dans les  termes élégiaques et minimalistes qui sévissent encore en Occident, cet Occident qu’un économiste italien a brillamment défini “la société seigneuriale de masse”. Bjelošević sait que nous vivons dans une telle société, et fait par conséquent une poésie “qui va au-delà”: il révèle une situation vraisemblable pour virer immédiatement vers le paradoxe et le surréel; sa poésie tourne autour de ces deux extrêmes avec une habileté naturelle; il sait que “l’aller au-delà” et l’abnormal sont les seules conditions possibles aujourd’hui pour un langage poétique non conventionnel et non prévisible. Le langage poétique n’a aucune possibilité de survivre s’il se consigne aveugle à la dérive des langages communicationnels et journalistiques; Bjelošević le sait parfaitement et opère de façon cohérente: il écrit une poésie existentialiste, mais à la manière la plus moderne de la meilleure poésie européenne existante aujourd’hui. Aujourd’hui,  probablement, la poésie ne peut uniquement  qu’être existentialiste, car nous nous trouvons dans la condition ontologique de disparition de la possibilité même d’existence et survivance. L’existence est devenue impossible. Tout comme du reste la poésie.

 

(traduction par Edith Dzieduszycka)

 

 

Giorgio Linguaglossa

Predrag Bjelošević

 

"La rencontre avec ce poète serbe grandement connu dans son pays recouvre un intérêt particulier dans la mesure où cette écriture s'inscrit au carrefour de la modernité poétique et d'un certain classicisme lyrique qui confèrent à chaque texte une dimension "nouvelliste" poétique à tendance philosophique sur le temps et comment habiter le temps depuis la ville-enfance. L'écriture est riche et très travaillée selon des fragmentations, ellipses, ressauts qui rythment la phrase".

 (Philippe Tancelin)

Il »R Ž« di Bjelošević non è un nome proprio, né le iniziali de qualcosa; né onomatopea, né allitterazione, né metafora, né… ed è tutto ciò.

Il » R Ž « di Bjelošević è l’unione paradossale di due lettere le quali, nelle parole composte da più di una sillaba (dr-zi, br-zi, come in italiano del resto: lar-go, spa-zio… e tante altre) sono sempre separate, si potrebbe dire opposte.

Per comprendere il » R Ž « di Bjelošević occorre pronunciare delicatamente, poiché esso è prima di tutto un suono: come il »rosso« dal quale si togliessero le vocali: r(o)ss (o). La sua pronuncia occupa tutta una gamma, che va dal tenero al duro, dal duro al tenero… Così si crea il »rzisme«, così il lettore diviene il »rziste«!

il » R Ž «potrebbe anche, penso, essere il »RZ«, io non so se Bjelošević sarebbe d’accordo con me. Vedo anche i bambini lì intorno, le piccole rz; ma le » R Ž «tuttavia non conoscono il plurale».

Il » R Ž «non si traduce. Esso fu tradotto prima della sua nascita. Etc.

Il »R Ž «, un breve bel titolo »uscito« da un famoso adagio nel quale le » R Ž « sarebbero piuttosto il »sono« che il »cogito«.

Il »R Ž «, un chiaro suono del corno alla entratura d’una raccolta di poesie del primo poeta serbo della Bosnia-Herzegovina che ha oltrepassato la frontiera della lingua francese all’incirca dal 1992.

(Kolia Micevic)

 

 

Pedrag Bjelošević

 

«poetry should be restored to its sources and to the beauty, wonder and magnificent feeling of awe occurring after poetry reading. I also agree that poetry should be separated from all sorts of banalisation and desecration for the sake of actuality through daily political subjects and a base poetic language close to the crowd».

 

 

Giorgio Linguaglossa

 

Sia detto subito con chiarezza e a scanso di equivoci, Pedrag Bjelošević è tutt’altro che un poeta giocoso, ironico, istrionico o derisorio come potrebbe, sviandoci, far pensare il titolo »R Ž «, forse iniziali di parole inesistenti o, forse, di parole del tutto usuali di uso domestico. Bjelošević è un poeta che ha una spiccata consapevolezza della desertificazione significazionista che attinge oggi il linguaggio poetico e della necessità che questo veicolo espressivo debba essere profondamente rifondato. Il poeta serbo sa che oggi il linguaggio poetico si situa in un non-luogo, in uno Zwischen, in un framezzo, distante dai linguaggi comunicazionali con i quali commerciamo abitualmente e che corre costantemente il rischio di una irriconoscibilità. Il poeta serbo ha abbandonato per sempre l’idea di una poesia mimetica del reale, sa che quella via non è più praticabile, la mimesis è quella che oggi impiega la belletristica letteraria, il telemarket e la videocrazia. La poesia non ha più la funzione di rappresentare un mondo e neanche di purificare la lingua della tribù, come si diceva una volta, semmai la poesia ha oggi il compito di dentrificare il fuori e di fuorificare il dentro, proprio in virtù di quel suo situarsi nel «fra», nel «framezzo», né di qua né di là, in un senzatempo e in un senzaspazio, in una condizione precaria e instabile. Bjelošević non ha dubbio alcuno che la poesia più avveduta e rigorosa di oggi abbia perduto per sempre la funzione rappresentativa e rappresentazionale, e che sarebbe ipocrita e non avveduto pensare ancora nei termini della poesia elegiaca e minimalista che ancora imperversa in Occidente, quell’Occidente che un economista italiano ha brillantemente definito «la civiltà signorile di massa». Bjelošević sa che viviamo in una società signorile di massa, e quindi fa poesia ultronea: nomina una situazione verosimile per poi virare all’istante nel paradosso e nel sovra reale; la sua poesia scantona tra questi due estremi con naturalezza e ingegno, sa che l’ultroneo e l’abnorme sono le sole condizioni di possibilità che oggi ha il linguaggio poetico non convenzionale e non scontato. Il linguaggio poetico non ha alcuna possibilità di sopravvivenza se si consegna bendato alla deriva dei linguaggi comunicazionali e giornalistici, questo Bjelošević lo sa bene, ed opera di conseguenza, fa poesia esistenzialista ma nella maniera modernissima  della migliore poesia europea di oggi. Oggi forse la poesia non può non essere esistenzialista poiché ci troviamo nella condizione ontologica di disparizione della stessa possibilità dell’esistenza. L’esistenza è diventata impossibile. Così come del resto la poesia.

 

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Disons-le immédiatement et clairement afin d'éviter tout malentendu, Pedrag Bjelošević est bien autre chose qu'un poète enjoué, ironique, théâtral ou dérisoire come pourrait le faire penser le titre »R Ž«, peut-être initiales de paroles inexistantes ou, qui sait, de paroles absolument courantes et d'usage domestique. En effet Bjelošević est un poète qui possède une forte conscience de la désertification "significationiste" à laquelle puise aujourd'hui le langage poétique, et de la nécessité d'une profonde reconstitution de ce véhicule expressif. Le poète serbe sait que le langage poétique se situe aujourd'hui dans un non-lieu, un Zwischen, dans un intervalle distant des langages de la communication à travers lesquels ils commercent habituellement et qu'il court constamment le risque d'une méconnaissance. Le poète serbe a abandonné pour toujours l'idée d'une poésie mimétique du réel, il sait que cette route n'est plus praticable; la mimesis est ce qui emploie aujourd'hui l'embellissement littéraire, le télémarket et la vidéocratie. La poésie n'a plus la fonction de représenter un monde, ni de purifier la langue de la tribu, comme on disait autrefois; la poésie aujourd'hui a éventuellement le devoir de faire entrer l'extérieur et d'en extraire l'intérieur, exactement en vertu de sa position "entre", ni ici ni là, dans une absence de temp et une absence d'espace, dans une condition précaire et instable. Bjelošević  n'a aucun doute sur le fait que la poésie actuelle plus avisée et rigoureuse a perdu pour toujours la fonction représentative et représentationnelle, et qu'il serait hypocrite et myope penser à elle dans les  termes élégiaques et minimalistes qui sévissent encore en Occident, cet Occident qu'un économiste italien a brillamment défini "la sociétéseigneuriale de masse". Bjelošević sait que nous vivons dans une telle société, et fait par conséquent une poésie "qui va au-delà": il révèle une situation vraisemblable pour virer immédiatement vers le paradoxe et le surréel; sa poésie tourne autour de ces deux extrêmes avec une habileté naturelle; il sait que "l'aller au-delà" et l'anormal sont les seules conditions possibles aujourd'hui pour un langage poétique non conventionnel et non prévisible. Le langage poétique n'a aucune possibilité de survivre s'il se consigne bandé à la dérive des langages communicationnels et journalistiques; Bjelošević le sait parfaitement et opère de façon cohérente: il écrit une poésie existentialiste, mais à la manière la plus moderne de la meilleure poésie européenne existant aujourd'hui. Aujourd'hui la poésie ne peut probablement pas ne pas être existentialiste, car nous nous trouvons dans la condition ontologique de disparition de la possibilité même d'existence et survivance. L'existence est devenue impossible. Tout comme du reste la poésie.

(traduction par Edith Dzieduszycka)

 

 

Poesie scelte di Pedrag Bjelošević

 

Dieu, cecitè

 

au sommet d’une voûte un aveugle est debout
tandis qu’il éclaire le ciel de ses yeux
il éteint en nous les étoiles

 

l’ombre qu’il projette
boit les ténèbres du lac
sous la maison

 

les poissons sont agités
plus haut que la face de l’eau
ils bondissent

 

pour s’arroger les ténèbres

 

l’âme morte
d’un pêcheur
s’éleve d’un haut-fond pris par la glace

 

c’est elle ce vent-là
qui secoue les cheveux de l’aveugle
et au long de la rive guide le gens indignes

 

.

 

Le mur

 

un certain temps on remonte le cours de la rivière
jusqu’à la source
mais la source on ne la reconnait pas
comme si la source était ailleurs

 

puis on se précipite en direction de l’aval
afin de rattraper le temps qu’on a perdu
et ainsi jusqu’à l’embouchure
mais on ne reconnait pas l’embouchure
comme si l’embouchure était ailleurs

 

on s’en retourne alors pensif à la maison
des jours durant on contemple la même bosse sur un mur
jusqu’à distinguer au beau milieu son proper visage
est-ce le mur qui nous révèle un secret
ou bien montre-t-il seulement qu’on ne saurait le deviner

 

 

28.12.1992

 

quand la bougie s’éteindra en un clin d’oeil
j’espère encore même si tout menace
que de nobles tènèbres m’accueilleront

 

ténèbres qui voient tout Déesses des métamorphoses,

 

aux petites mains de reve
et je serai comme jadis
bercé par la peur en personne

 

 

29.12.1992

 

je m’èveille et je ne crois pas
devant moi encore un
thé
d’herbe sèche et de lyrisme

 

je grignote la biscotte du réel
claquent des balles sur le toit
je sens une erreur totale
aucune voie vers un accord dans l’univers

 

nous giclons dans les ténèbres tels le sperme
nous nous transformons en un Rien doté de parole
et qui tressaille tout enfiévré

 

tandis qu’il boit le thé d’herbe du lyrisme

 

 

 

Giorgio Linguaglossa
Predrag Bjelošević

 

 

Cauchemar, realitè, revolte du poème

 

j’ai fait un cauchemar nocturne
des poèmes crachaient sur moi
ils me jetaient des cailloux me sifflaient
j’étais attaché nu sur un terrain de jeux
à ne pouvoir en quitter le centre dans aucune direction
autour étaient alignés comme une rangée d’arbres
des gardiens en armes

 

depuis le Sud on chantait des poèmes
depuis l’occident on hurlait de la poésie
depuis l’Orient telle la cloche d’une église
protestait la poésie

 

de mes yeux je les écoutais
déjà cerné par un tas d’ordures
déjà enseveli sous des piècettes d’argent

 

à cet instant les matraques ont entamé de longs monologues
à cet instant les fusils ont entamé une récitation de vers monotones
à cet instant en refrains sont apparus des avions supersoniques
pilonnant mes oreilles insupportablement

 

quand déjà le stade tout entire fut mis à sueur et à sang
le pompiers de service firent leur entrée
projetant des tous cotés de l’eau de l’eau de l’eau
qui dans l’instant éteignit le spectacle porté au blanc
la soif des lèvres sèches aussi

 

Dieu – combine vivifiante est la nuit
oh – cauchemar combien tu es réel

 

(1994)

 

 

 

Ténèbres, liberté

 

quand règnent les Ténèbres
nous vivons librement

 

privés d’ombres

 

comme un chant

privé de mots

 

comme un corps
privée de rêve

 

et nous t’augurons

 

o mon Dieu
à notre propre image

 

 

 

Le Maître de la lumière

 

Le Maître de la lumière
les Ténèbres
s’observe soi-même
mais la face des ténèbres
lui est invisible

 

la face des ténèbres
se cache dans l’oeil des ténèbres
l’oeil des ténèbres
dans l’âme des ténèbres

 

quand l’Âme des ténèbres commence
à parler
le jour se lève

 

quand rêve l’Âme des ténèbres
son ombre est en sentinelle
au-dessus de nous

 

la nuit

 

et elle frémit
illuminée par les étoiles

 

Le Maître de la lumière
remarque alors
des rides astrales
sur son front

 

mais les gens

 

les gens tout comme
sa face il ne les a
pas encore vus

 

 

Peur de la lumière

 

plus éclatantes
que la lumière
seules les tènèbres

 

la lumière des ténèbres
on l’augure

 

la lumière des ténèbres
on la craint

 

alors que blotti dans les ténèbres
tu regardes vers le Tout

 

muette étincelle
chantant au fond de soi

 

avec l’ardent concert du ciel
espérant que le chant
intérieur de l’âme

 

éclairera les ténèbres

 

et en lui le très illustre
frère Rfffch
consacré à l’éclat de l’Omniscience

 

 


En nous, hors de nous

 

pas de ténèbres
de ténèbres
il n’y a plus
hors de Nous

 

les ténèbres
Nous ont approchés
pointent incandescents
des squelettes de planètes

 

 


Un entracte, s’il vous plait

 

cette représentation s’éternise
on doit y placer un entracte

 

on devrait y placer un entracte
pour qu’au moins les acteurs se changent et se reposent

 

y placer un entracte on le doit
pour que dans le public aussi on souffle et qu’on rouvre les yeux

 

ou ne serait-ce qu’un seul oeil
serait-ce seulement pour une bouffée d’air pur

 

tant de ténèbres n’est guère instructif
– o Seigneur –

 

tant de ténèbres aveugle
on ne peut rester spectateur sans entracte

 

 

on n’est plus capable de démeler

 

qui joue le personnage positif  et qui le negatif

 

qui sont les amateurs et qui sont les professionnels
dans ce spectacle ténébreux

 

le metteur en scène est un pale élève de Mondrian
faisant sienne l’intensité de la monotonie

 

et ainsi même ce petit point lumineux égaré
dans les totals ténèbres de la scène

 

apparait noir

 

cette représentation s’éternise
on doit y placer un entracte

 

les ténèbres gagnent aussi le public
fauteuils qui grincent luste de cristal qui tinte

 

je sens l’obscurité des applaudissement extorqués
faire bientot valser les cheveux sur les têtes

 


Oui, jai eu le tort de penser

 

oui – j’ai eu le tort de penser
que mes ténèbres ne nuisent à personne
que mes ténèbres vivent pour elles seules
que mes ténèbres n’ont pas un soleil en réserve

 

oui – j’ai eu le tort de penser
que mes ténèbres ne font heureux que moi
que mes tènèbres ne sortent pas de moi
que mes ténèbres vivent une vie d’astres
seulement en moi
oui – j’ai eu le tort de penser

 

c’est peut-être pour cela aussi qu’on ne voyait rien
dans mon existance jusq’à une nuit semée d’étoiles
qui tombaient du ciel sur le front de mes petites ténèbres naives
pour qu’elles aussi éclairées par l’astre de l’univers
puissant librement voguer parmi les pensées
des dieux de permanence penchés au-dessus

 

oui – j’ai eu le tort de penser
que mes petites ténèbres s’arracheraient à moi
pour s’élancer à la rencontre des cieux

 

mais les Ténèbres du cosmos
ont entrepris de se mirer dans les miennes
malheur au visage du cosmos
à face de mes ténèbres
je plains les entrailles de sa mère

 

oui – j’ai eu le tort de penser

 

(Sofia, 1999)

 

 

L’aveugle

 

je ne suis pas aveugle
je vois
les ténèbres
dans le miroir

 

 

Ržisme

 

le Ržisme est une quête du sens
dans l’aveugle objectivation du non sens
qui envahit le Tout

 

le Ržisme sui
à la trace l’ame du non-sens

 

il va impercetiblement armé d’un rasoir liquide
pour être près du duvet noir de sa propre idée
et pour s’en défaire

 

pou que le non-sens puisse devenir plus supportable
– o mes Frères Ržistes

 

[Choix et traduction du serbe Ljiljana Huibner-Fuzellier, Raymond Fuzellier]

 

 

Giorgio Linguaglossa

 

Predrag Bjelošević (Banja Luka , 29 maggio 1953) è un poeta , drammaturgo e traduttore. Attualmente è direttore e direttore artistico del Teatro per bambini della Republika Srpska. 

La poesia di Predrag Bjelošević è oggetto di studio in diverse università slave in Europa , nonché nelle università di Berna e Amburgo come parte dello studio della poesia contemporanea dei popoli jugoslavi. Le poesie di Bjelosic sono presenti in molte antologie di poesia contemporanea serbe e bosniache, ha scritto poesie anche per bambini che sono state tradotte in molte lingue, tra cui in  italiano, francese, tedesco, polacco, russo , inglese, ceco, slovacco, ungherese, sloveno, macedone e bulgaro.

 

Ha conseguito un master in marionetta presso la National Academy of Motion Picture and Theatre Arts, Sofia, nel 1999. Su invito dell'Accademia slovena di letteratura e arte di Varna, gli è stato consegnato un opuscolo di adesione da un membro a pieno titolo dell'Accademia, che riunisce artisti di spicco dei paesi sloveni. 

 

Bjelošević ha vinto numerosi premi e riconoscimenti. Il libro di poesie Gorka malt è stato premiato nel 1978. riconoscimento della serata della poesia di Trebinje (Premio Dučić fino al 1974 ). Nel 1987in occasione della pubblicazione del libro di poesie dall'Interspace, gli è stato assegnato un premio dall'Associazione degli scrittori per la Krajina bosniaca e nel 1996. Il sigillo del municipio di Sremskarlovac per Discorso, silenzio

 

Per il libro di fiabe Walking senza testa,  lo stesso anno in cui è uscito, nel 2010, Bjelošević ha ricevuto il prestigioso premio per il miglior libro di fiabe serbo "Pavle Marković Adamov". 

Nel 2013 ha ricevuto la Gran Fiction "Flying Feather" al Festival internazionale degli scrittori sloveni "Slovenian Embrace" a Varna ( Bulgaria ). Come parte della settima edizione dello stesso festival, a Bjelošević nel 2014  gli è stato assegnato un premio letterario, la prima e finora l'unica volta nel quale il premio è stato assegnato a uno scrittore della Republika Srpska . 

 

 

Libri di poesie 

 

Malto amaro, 1977.

Volto occipitale, 1979.

Il linguagio del silenzio, Selected Poems in Italian, 1982.

Grid and Dream 1985.

Dall'Interspace  1987.

Discorso, silenzio 1995.

Water Shirt, Selected Poems 1996.

In Fear of Light 2001.

Rye, canzoni selezionate in francese, 2002.

Shadow and Vault 2005

» R Ž « 2002