Marie Laure Colasson, TritticoStrutture dissipative, 2019, Lucio Mayoor Tosi, La Gioconda, 2005, Ermeneutiche di Giorgio Linguaglossa e Gino Rago, La catena del colore è analoga alla catena del significante, non ha propriamente fine, 

Giorgio Linguaglossa


Giorgio Linguaglossa

Giorgio Linguaglossa

Marie Laure Colasson, Strutture dissipative, Trittico, dicembre 2019

 

 

Giorgio Linguaglossa

 

Sul trittico di Marie Laure Colasson (dicembre 2019). La catena del colore è analoga alla catena del significante, non ha propriamente fine

 

Scrive Giorgio Agamben: «L’archeologia è l’unica via di accesso al presente e io ho sempre preso sul serio la battuta di Flaiano: “Faccio progetti solo per il passato”». Penso che la ricerca sul colore di Marie Laure Colasson si inscriva in questo progetto di riscrittura del passato che coinvolge molti esponenti dell’arte figurativa e astratta di oggi; un progetto archeologico sul passato del colore per una figurazione artistica del presente, essendo la ricerca archeologica la sola via che ci può consentire l’accesso al presente.

 

E ciò che sta sotto l’«istante privilegiato» della metafora e del colore che è importante. Ciò che sta «sotto» si rivela essere un vuoto di significante e di significato, un tripudio di non-colore, che non può essere nominato se non entro una catena infinita di significanti e di significati, ovvero, di altri colori e forme di colori, poiché i colori si danno soltanto entro le coordinate di una «forma».

 

La catena del colore è analoga alla catena del significante, non ha propriamente fine. È questa rottura degli anelli della catena ciò che sta a cuore dell’ultimo polittico di Marie Laure Colasson, un trittico di forme e colori che affiorano dal nulla dello sfondo, nell’istante primigenio che inaugura la «rottura» che dura appena un attimo; istante privilegiato o principiale dopo il quale la «rottura» riannoda i fili che la legano al sistema infinito della catena significante, al differimento dei significanti e dei significati.

 

Pretendere di dire che cos’è il «continuum del colore» è qualcosa con cui ha a che fare l’arte figurativa della Colasson. Il «continuum del colore» allude sempre a ciò che c’era prima del colore, al non-colore. Per afferrare questo concetto dobbiamo fare riferimento a ciò che c’era «prima» del linguaggio, a quel muro di silenzio linguistico che il linguaggio ha squarciato con un atto indicibile. L’indicibile del Linguaggio ha fondato e s-fondato il silenzio (l’assenza di colore) di «prima» del linguaggio, lo ha reso, in un certo qual modo, dicibile, udibile, sensibile.

 

Il linguaggio dei colori come sistema di segni, proviene da qualche cosa d’altro. Questo penso sia chiaro. Quel qualcosa d’altro che è il «prima» del linguaggio, il senza-colore, che è destinato a rimanere «silenzioso».
È quindi il «silenzio» del non-colore che fonda il «linguaggio dei colori». Questo è un pensiero che penso possa essere afferrabile, un po’ come nella fisica odierna è il «vuoto» che fonda gli universi di materia e di anti materia. Dobbiamo quindi postulare il «silenzio» di «prima» del linguaggio dei colori per poter afferrare il silenzio «dentro al linguaggio dei colori», essendo la pittura della Colasson nient’altro che un super linguaggio, un super linguaggio che crea una zona di indeterminazione tale che i colori sovrapposti e giustapposti creano il vuoto dietro ai colori, quel vuoto che determina l’insorgere dei colori, quel vuoto che può attivare e disattivare gli atti linguistici mediante i quali si profila la catena significante dei colori.

 

Ecco la «formula» che dis-connette i colori e li ri-connette in una catena significante, la «formula» mediante la quale la pittrice recide il linguaggio da ogni referente, in conformità alla sua personale vocatio della ricerca del colore assoluto; quel colore super significante che, solo, può significare il Tutto. Ma che significa il Niente.

 

L’irredimibile pluralità dei sensi dell’essere è il proprio della catena significante. È inutile, come si ostinava a pensare Heidegger, mettersi sulla traccia di un senso univoco dell’essere. L’essere è il suo eventualizzarsi, è abbandonato alla molteplicità dei suoi significati, che non si possono, e non si devono, raccogliere in una conclusività. Perché e per come sia preferibile prendere atto della plurivocità dei sensi dell’essere, piuttosto che incaponirsi nella ricerca di un senso univoco, di un senso überhaupt, di un senso assoluto dell’essere, non è dato sapere a priori ma lo si può esperire soltanto nel darsi dell’evento. Ed è qui che il trittico della Colasson appare in linea con il pensiero evenemenziale dell’evento dell’essere: la molteplicità ed infinità dello zampillio dei colori è l’eventualizzarsi dell’evento.

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[Marie Laure Colasson, pittrice e poetessa francese, ha esposto in varie gallerie d’arte d’Europa: Parigi, Bruxelles, Roma…]

 

Giorgio Linguaglossa

M.L. Colasson, Struttura dissipativa, 2017

 

Marie Laure Colasson

 

En chute libre / In caduta libera (inedito)

 

Eredia regard mélancolique
le balcon du deuxième étage
un amour réduit en cendres

 

Dante et Delacroix jouant aux échecs
se partagent l’enfer

 

Les chaises encordées
dans leur chute l’une après l’autre
remontent la pente

 

Akram Khan gestes saccadés insecte prisonnier prodigieuse toupie
immersion dans des méandres inextricable

 

La pluie en trombes
des annelides grouillant sur la pierre

 

La Contesse Bellocchio
villa palladienne

entourée de jeunes artistes
laisse tomber bagues et diamants

 

Sébastien tout habillé chapeau melon
sort de l’eau en tumulte

Elisa portable à la main photo et fou rire

*

 

 

Eredia sguardo malinconico
il balcone del secondo piano
un amore ridotto in cenere

 

Dante e Delacroix giocano a scacchi
si dividono l’inferno

 

Le sedie legate con la corda
nella loro caduta l’una dopo l’altra
risalgono la china

 

Akram Khan gesti a scatti insetto prigioniero prodigiosa trottola
immersione dentro meandri inestricabili

 

La pioggia battente
anellidi brulicanti sulla pietra

 

La Contessa Bellocchio
villa palladiana

circondata di giovani artisti
lascia cadere anelli e diamanti

 

Sebastiano tutto vestito bombetta
esce dall’acqua in tumulto

 

Elisa cellulare in mano foto e risata a crepapelle

 

 

Giorgio Linguaglossa
M.L. Colasson, Struttura dissipativa, 2016