Alfonso Cataldi è nato a Roma, nel 1969. Lavora nel campo IT, si occupa di analisi e progettazione software. Scrive poesie dalla fine degli anni 90; nel 2007 pubblica Ci vuole un occhio lucido (Ipazia Books). Le sue prime poesie sono apparse nella raccolta Sensi Inversi (2005) edita da Giulio Perrone. Successivamente, sue poesie sono state pubblicate su diverse riviste on line tra cui Poliscritture, Patria Letteratura, il blog di poesia contemporanea di Rai news, Rosebud.
Riguardo i versi immaginifici di Marie Colasson, Pietro Montani, in Tre forme di creatività: tecnica, arte, politica (Cronopio), formula l’ipotesi che «la principale funzione del sogno sia proprio quella di affrancare l’immaginazione dalla tendenza annessionistica del linguaggio verbale». L’immaginazione tende a preservare e manutenere la sua componente intuitivo-percettiva (la irriducibile bizarreness), messa però sempre più a dura prova dalla tecnologia, capace di leggere e interpretare archivi digitali sconfinati e rendendo subalterni gli apparati organici umani. In questo scenario, Montani si augura nelle arti più coinvolte dalle innovazioni tecnologiche, una progressiva “disautomatizzazione” tendente a farle assomigliare sempre più ai sogni. La poesia contemporanea, attraverso il polittico-sogno, può recuperare dagli strati arcaici della psiche tracce remote appartenenti all’in-fans.
(Alfonso Cataldi)
Poesie di Alfonso Cataldi
Mai vista una strategia così spudorata
puntare solo sulla consapevolezza della fortuna.
Le controverse rotondità della regina di picche
vennero eterordinate dalle incredule smerigliature.
L’eterogenesi arriccia uno sbadiglio la sera di Natale
calano le perplessità acquisite dall’alta definizione
– Preferisci una mano a ramino o i tarocchi?
– Che mi smonti la plafoniera dell’androne.
Un quarto di giro antiorario. Una leva eccentrica o tre viti.
Nureyev si dilegua da una scala di servizio
troppo alta per gli agenti del Kgb
e inaccessibile, come da regolamento condominiale da scrivere
approvare, firmare e affrancare.
Il sole soffocante sul consesso non lasciava alternative.
La masnada improvvisò una risata.
Nell’ultimo trasloco è andata persa la filigrana.
La boccia fa una carezza al boccino e si allontana
verso la cassiera
Gesù o Barabba libero
al minimarket non fu mai pronunciato.
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La filantropia dietro ai nodi scorsoi
redige editoriali fluenti sulla dicotomia su Mangiafuoco.
Flussi di singolarità rovistano le prime serate.
Al Bataclan nessuno immaginava matrimoni riparatori.
Gli eventi sono più veloci delle teorie
e il pop e derivati è ancora con la testa sotto la sabbia.
Qualcuno torna a parlare agli scogli.
Ancora pochi. L’àncora filosofale.
La reception dovrà spiegare cosa sono tutti questi generali
a cavallo, appesi alle pareti.
Ferirsi o dileguarsi?
E se fossero due eccezionalità che si rincorrono?
“La Mesopotamia oggi è quasi interamente occupata dall’Iraq
da circa trent’anni assediata dalle guerre…”
«Guerre, guerre e ancora guerre… basta, non studio più.»
Sofia lancia il libro dalla parte opposta della cameretta.
Sogna il primo strato di pelle, di non alzarsi la mattina
rifiutare 80.000 € per una pratica qualunque.
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Il cartoccio di vino rosso dell’Eurospin
partirà sotto protezione
dopo un anno di catarifrangenza dal marciapiede.
Chi poteva immaginarlo? Nessun albero è fermo
sopra l’uomo che non sa deglutire.
Aritmie alla mano ispirano racconti autobiografici
o divine commedie trascurabili nel cosmo.
«La scimmia antropomorfa ha scritto il libro zero – uno – zero
battendo a caso sulla tastiera.»
Il file dat tiene traccia degli accessi
non delle manipolazioni
mancando talent scout di manipolatori.
La mente degli hacker ricorda un bunker.
Comunque vulnerabile. Più un covo
con il disordine proporzionale alle illusioni
scoperte nelle email. Il conto alla rovescia è cominciato
Mr. Robot è distratto dagli sfondi colorati
che non concedono attenuanti, né speculazioni.
Prometeo ha patteggiato il microchip sottocutaneo
dopo quattro estenuanti ore di chat.
Giorgio Linguaglossa
Il disallineamento fraseologico e la contaminazione nella poesia di Alfonso Cataldi
Possiamo dire che la poesia di Alfonso Cataldi si nutre della différance, agisce tra gli spazi semantici, sui disallineamenti fraseologici e semantici, sulla contaminazione figurale e iconica, sul dislocamento del soggetto empirico il quale non si limita semplicemente a cambiare di «luogo» ma modifica, con la sua stessa dis-locazione, in profondità, il senso del «luogo» medesimo e il suo stesso statuto fenomenologico. Cataldi parte dalla assunzione di Derrida secondo il quale «la traccia è infatti l’origine assoluta del senso in generale. […] La traccia è la dif-ferenza che apre l’apparire e la significazione».1
Il disboscamento del senso perseguito da Cataldi con estremo rigore va a sbattere però contro il muro impermeabile della significazione che tende a ripristinare sempre di nuovo il senso nonostante tutti gli sforzi per abolirlo. Il senso è inestirpabile, in quanto agisce simultaneamente alla disparizione della traccia, è la traccia stessa che lo crea.
È il passaggio argomentativo che Derrida indica esplicitamente a proposito del rapporto traccia-origine, quando, dopo aver scritto che «la traccia è infatti l’origine assoluta del senso in generale», aggiunge subito dopo: «il che equivale a dire, ancora una volta, che non c’è origine assoluta del senso in generale».2 Il senso non avrebbe luogo senza la scrittura che contiene il progetto, la posta, la promessa, la missione, la scommessa, l’invio del secondo senso che è già lì contenuto nella fraseologia prima. Quest’ultima, la prima, si sdoppia anticipatamente. E così via. Nella variazione-ripetizione capita che dato che la seconda fraseologia abita la prima, la ripetizione aumenta e divide, spartisce anticipatamente la fraseologia che precede in un movimento di smottamenti successivi tesi a disabilitare il senso purchessia. Il discorso poetico vive così della e nella disabilitazione del senso.
La contaminazione.
Non si dà trascendentale puro in sé, ma contaminazione differenziale del trascendentale e dell’empirico. La contaminazione è il campo proprio della forma-poesia della nuova ontologia estetica. Trascendentale non è più la soggettività, ma la traccia, l’archi-scrittura, la différance. Il mondo ha bisogno di un supplemento di nulla che è nel mondo, ha bisogno di questo nulla supplementare che è il trascendentale e senza del quale nessun «mondo» potrebbe apparire. La scrittura cataldiana rivela il «nulla» del mondo e lo benedice, perché è soltanto grazie ad esso che un «mondo» può esistere.
Proprio questa rappresenta l’altra operazione fondamentale compiuta da Cataldi: decostruire la versificazione della tradizione soggettocentrica della poesia italiana implica il far emergere la contaminazione dell’empirico e del trascendentale, mostrare che il trascendentale non può essere puro ed epifanico e pienamente presente a sé, in quanto contaminato dall’empirico da cui sorge e da cui viene intaccato; l’empirico a sua volta non è «meramente empirico» nel senso tradizionale, ma è una singolarità, una contingenza che apre un senso.
Il senso è dato da nient’altro che dalla contaminazione fraseologica. È l’assetto fraseologico, l’empirico, che costituisce il soggetto trascendentale, apre ad una temporalizzazione e crea il senso.
Un atto linguistico può fallire o essere trasposto dal suo contesto originario, questa possibilità gli appartiene necessariamente e l’atto linguistico è quindi tale per cui deve poter fallire ed essere reduplicato in un contesto differente. Se una lettera può sempre non arrivare a destinazione, questa possibilità appartiene necessariamente all’essere stesso della lettera e di ogni messaggio.
La scrittura poetica di Cataldi funziona in automatico: in assenza del mittente, del ricevente, del contesto di produzione, del messaggio, dell’epifania, del contesto storico e stilistico etc., ciò implica che questo potere, questa possibilità è sempre inscritta in essa come possibilità del funzionamento stesso della scrittura. La possibilità dell’assenza e della morte costituisce la scrittura come tale, fin dall’inizio, marcandola. Potremmo dire che la scrittura poetica di Cataldi è a-eventuale, non considera l’evento come indispensabile elemento del discorso poetico.
Perché un evento sia veramente tale, deve essere assolutamente singolare, altro, imprevedibile, inanticipabile e incondizionato. In questo senso, l’evento è l’accadere dell’impossibile, perché se fosse solo l’accadere di un possibile già pre-ordinato, pre-visto e garantito non sarebbe un evento. Ma è che l’evento nella poesia cataldiana altro non è che la variazione-ripetizione di un evento pregresso, ergo il discorso poetico si può configurare solo come il luogo di un evento sempre-uguale, non più singolare, ma generico, empiricamente caduco in quanto informazionale.
1 J. Derrida, De la grammatologie, tr. it. di R. Balzarotti, F. Bonicalzi,G. Contri, G. Dalmasso, A. C. Loaldi, Della grammatologia, a cura di G. Dalmasso, Milano, Jaca Book, p. 94
2 Ibidem, p. 97